Attenzione agli annunci di salvataggio di animali on line

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Dal Gattile di Carpi ci arriva una storia da leggere. Quella di Peo. Che ricorda una volta in più come sia una pratica da scoraggiare quella di far intraprendere lunghi viaggi ai randagi. Canili, gattili, Centro Soccorso Animali, ci sono molti pelosi che hanno bisogno di una famiglia nel modenese e che, in questo momento, gravano su volontari e casse comunali. Senza lasciarsi condizionare troppo dagli appelli con foto su Internet, che potrebbero essere dettati dall’impulsività.

Reggio Calabria 31 dicembre 2014, un gatto randagio viene investito da un’auto. Il medico veterinario riscontra frattura del bacino, frattura del femore, rottura della coda e certifica che sarà incontinente per tutta la vita. Il gatto ritorna in strada accudito dalla gattara di turno. Verso metà marzo ci si accorge che la coda gli sta andando in necrosi, è necessario asportarla ed effettuare la castrazione. L’operazione costa, così come la degenza, per cui parte il tam tam su FB per cercare una sistemazione a questo sfigatto una volta operato. A questo punto “A” contatta varie amicizie finchè si rende disponibile “B” che ha una casa con giardino. Situazione ideale per “A”, difatti, secondo lei, il gatto può vivere lì la sua vita tranquillo e senza sporcare per casa. “B” si fida di quanto dice “A”, si conoscono, la reputa una volontaria bravissima, ha al suo attivo tante adozioni, quindi per lei ciò che asserisce è adeguato. Aggiudicato. Il 21 marzo il gatto viene castrato e gli viene amputata la coda; preparata la cartella sanitaria il gatto parte, lo mettono su un furgone diretto al Nord pieno di cani urlanti e spaventati come lui. Domenica 22 marzo Peo arriva a Carpi, viene consegnato a “B”, le dicono che è giovane e buono di carattere e dovrà fare degli antibiotici sotto cute così come scritto sulla cartella sanitaria.  A Carpi piove, “B” non se la sente di lasciarlo fuori al freddo e in più non le era stato detto che il gatto aveva il collare elisabettiano per evitare che si togliesse i punti dalla coda. “B” prepara un angolo nel suo bagno, con cibo, acqua, cassetta e assorbenti, poi domani si vedrà.
Lunedì Peo, dopo aver passato due giorni d’inferno, si sveglia in questa nuova situazione, non capisce dov’è e il primo istinto, appena vede “B”, è quello di soffiare, per paura. “B” conosce i gatti ma non è pratica dei loro atteggiamenti per cui a sua volta si spaventa e chiama  “A” per farsi spiegare cosa può fare visto che Peo continua a soffiare e lei ha timore di entrare in bagno. A questo punto “A” mobilita varie volontarie presenti sul territorio e poi, pur di liberarsi del problema, prima scompare e poi riappare con un atteggiamento chiaramente mirato a evitare di farsi carico di un problema che non voleva nè poteva gestire.  Tralasciamo particolari poco edificanti di offese e accuse intercorse tra “A” e tutti quelli che si sono mobilitati per offrire a Peo una soluzione dignitosa. Ma in questa vicenda si evidenziano tanti errori e incompetenze da ipotizzare un maltrattamento di animali: perché il gatto, dopo che era stato accertato il suo stato di salute a seguito dell’incidente, è stato rimesso in strada? Perchè non gli è stata amputata la coda subito ma si sono aspettati più di due mesi e lo si è fatto quando ormai stava andando in necrosi? Perché non è rimasto ricoverato fino alla fine della cura antibiotica necessaria in casi del genere?
Perché gli si è fatto percorrere mille chilometri  con un collare elisabettiano al collo e infilato in un trasportino caricato su un furgone pieno di cani abbaianti subito dopo l’amputazione della coda e la castrazione, con tutti i rischi connessi a un possibile shock del gatto ed esponendolo a un abbassamento delle difese immunitarie tale da potergli causare ulteriori complicazioni sanitarie?
Perché è stato detto a “B” che poteva metterlo in giardino poiché era un gatto da strada, un giardino che oltretutto non era stato neppure visionato da chi ha affidato il gatto e che quindi avrebbe potuto essere non idoneo a ospitarne uno sano, figuriamoci un micio con questi problemi.
Perché “B” non è stata avvertita che,vivendo fuori, ed essendo incontinente, Peo sarebbe stato facile preda di mosche e mosconi che avrebbero potuto fare le uova sugli escrementi attaccati all’ano e sarebbe stato divorato dall’interno dai vermi?
Perché “B” non è stata avvertita che Peo, avendo li collare elisabettiano, se fosse scappato impaurito si sarebbe trovato in pericolo perché il collare limita i movimenti e se si  fosse infilato in qualche buco avrebbe rischiato di incastrarsi e sarebbe stato alla mercè di qualsiasi violenza, oltre al rischio di morire impiccato da qualche parte?
La risposta è una sola: “A” millanta di salvare animali quando in realtà dimostra un’incompetenza che nemmeno un bambino delle elementari… e ovviamente chi non è esperto è facile preda di chi “virtualmente” si fa una reputazione non per la qualità delle adozioni, ma in base alla quantità. Come e dove questi animali vengono adottati, poi non è dato sapere, difatti, una volta sbandierato ai quattro venti l’affido, successivamente cosa succede dietro le quinte, così come è accaduto in questo caso, viene accuratamente messo a tacere o distorto. In questo modo i responsabili di tali nefandezze possono continuare a mantenere la loro “reputazione” pulita. Intanto il gatto è stato preso in carico da un gruppo di volontarie che operano nel territorio, Peo è stato ricoverato presso una clinica veterinaria, è stato operato nella serata di martedì scorso, perché nessuna terapia antibiotica era stata fatta e la parte operata, immersa per giorni negli escrementi, è andata in necrosi ed è stato quindi sottoposto a currettage chirurgico. E’ stata iniziata una terapia sperimentale a base di doxazosina, per tentare di ridare tonicità alla vescica che, per la cronaca, era talmente distesa che conteneva quasi un litro di urina e, quindi, il gatto non era incontinente come asserito da “A”, bensì neurologico ed era necessaria spremitura; lasciarlo allo sbando in giardino sperando che perdesse urina sarebbe stata una condanna a morte.
Morale:  gli animali in difficoltà vanno aiutati da persone competenti e responsabili, non da gente che li butta allo sbaraglio pur di aggiungere un’altra tacca al proprio curriculum salvifico. E visto come è stato trattato Peo, che fine possono aver fatto i cani  che hanno viaggiato insieme a lui?
Le gattare Simona,  Federica, Grazia, Aurelia
 

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