“Il nostro segreto? Il lavoro di squadra”. Sono queste le prime parole del carpigiano Giulio Allesina. Trent’anni, laureato in Ingegneria Meccanica e oggi assegnista di ricerca presso l’Ateneo di Modena, Giulio ha creato dal nulla, sotto la guida del professor Paolo Tartarini, il laboratorio BeeLab (Bio-Energy-Efficiency laboratory): una fucina di idee e sperimentazioni dal sapore decisamente innovativo. “La mia passione più grande è quella delle energie rinnovabili e, insieme al collega Simone Pedrazzi, ogni giorno ci “divertiamo” a trovare nuove soluzioni per convertire in energia elettrica legno e scarti agro-industriali. Dalla creazione di modelli matematici alla sperimentazione sul campo, io e Simone abbiamo sempre lavorato insieme. In tandem. In grande sintonia. In quanto assegnisti, il nostro è un futuro incerto. Non abbiamo idea di cosa accadrà domani ma ci siamo imposti di andare oltre. Di pensare in grande, sul lungo termine, di non porci alcun limite. Vorremmo che BeeLab proseguisse dopo di noi, continuando a esprimere tutte le sue potenzialità”. Il laboratorio – che si occupa di ricerca nel campo delle rinnovabili, analisi e studi di fattibilità, progettazione di impianti, efficientamento energetico e consulenza – accoglie numerosi tesisti, tra cui tanti giovani talenti carpigiani: “risorse preziose – prosegue Allesina – con le quali condividere nuove sfide. Li portiamo al limite, chiedendo loro grandi sacrifici ma, chi è disposto a mettersi in gioco completamente, scopre di poter arrivare davvero in alto. Siamo un gruppo coeso e pieno di entusiasmo. Il mondo universitario italiano è complesso e, perlopiù, si devono fare i conti con pochissimi fondi a disposizione. Per questo motivo è necessario ingegnarsi. Rivoluzionare il proprio atteggiamento mentale. Ragionando in modo multidisciplinare, cerchiamo di osservare ciò che ci circonda in modo originale. Alle volte basta mutare il proprio approccio per far fronte alla limitatezza economica o strumentale. BeeLab è un’esperienza virtuosa, rivoluzionaria, capace di ripensare il concetto stesso di ricerca all’interno dell’università”. Tra i progetti più curiosi a cui ha lavorato il team del Dipartimento di Ingegneria modenese, vi è certamente quello di un gasificatore in Camerun, il quale, attraverso gli scarti dei tutoli (la parte legnosa centrale delle pannocchie) del mais, fornirà energia elettrica al Comune di Fongo Tongo. “Siamo entrati in contatto con la onlus Ala Milano, operante nel Paese africano, la quale ci ha chiesto aiuto per superare i frequenti black out che colpiscono la popolazione di Fongo Tongo. Il nostro obiettivo è stato quello di mettere al loro servizio la nostra capacità di analisi cercando però di trovare soluzioni ad hoc, ritagliate sulla realtà camerunese. Ala Milano aveva incentivano in loco numerosi progetti di sviluppo legati all’agricoltura e, in modo particolare, a quella del mais. E da lì siamo partiti. Potevano produrre energia dagli scarti del granoturco? Dopo analisi, elaborazioni di modelli matematici e prove, ce l’abbiamo fatta. Adattando alle nostre esigenze una macchina californiana siamo riusciti a produrre coi tutoli del mais fino a 20 chilowatt. Il macchinario consentirà di garantire l’energia necessaria al Municipio, alla Casa del Re e alla scuola elementare cittadina, mentre il surplus potrà essere messo a disposizione della popolazione. Chiunque potrà coltivare mais, recarsi al mulino, sgranarlo o macinarlo gratuitamente, lasciando in cambio i propri scarti. Il questo modo si pagherà il servizio in energia. Al momento l’associazione ha richiesto fondi per far decollare il progetto e, chissà, per replicarlo anche in altre realtà del Sud del mondo”. Intraprendere a Modena, progetto della Regione Emilia Romagna, ha invece premiato nei giorni scorsi, l’ingegnere ambientale di Soliera Francesca Lovato e il suo Oltrecafè. “Francesca si è rivolta a noi – prosegue Giulio Allesina – con un’idea che ci ha immediatamente entusiasmati, quella di recuperare il caffè esausto e farne pellet. I risultati delle prove sperimentali le davano ragione ma noi volevamo ulteriormente ottimizzare la sua intuizione. Insieme al tesista carpigiano Francesco Allegretti, abbiamo scoperto che il caffè, una volta scaricato dalla macchina, contiene ancora una percentuale variabile di olio. Estraendo tale sostanza oleosa attraverso un procedimento chimico si ottiene una polvere molto più secca e, di conseguenza, dalle prestazioni maggiori, una volta bruciata in stufa. Noi però non ci accontentiamo mai: perché non usare l’olio estratto dal caffè per farne biodiesel? Si potrebbe delineare uno scenario davvero virtuoso: una torrefazione potrebbe ritirare il caffè esausto per produrre l’energia necessaria per far funzionare la propria produzione e, col biodiesel, approvvigionare i furgoncini che riforniscono i bar… ci stiamo lavorando”, sorride l’ingegnere carpigiano. Per Allesina ogni traguardo raggiunto deve far rima con sostenibilità ambientale ed etica. “In Canada, ogni ingegnere può scegliere di portare al mignolo un anello d’acciaio, simbolo del proprio impegno. Un vero e proprio vincolo etico. Nell’ambito delle bio energie nel nostro Paese abbiamo visto aberrazioni di immani proporzioni. Io credo non si debba forzare la mano, cercando di piegare la natura a nostro vantaggio. La strada da percorrere è laddove uno scarto diventa risorsa e ciò che prima veniva smaltito, da costo si trasforma in guadagno. Io credo nelle piccole soluzioni, quelle accessibili alla maggioranza. Tecnologie dai costi contenuti ma tarate sulle esigenze di ciascuno. Cucite sulle proprie necessità. In fondo, se un processo tecnologico è costato poco, possiamo permetterci di sfruttarlo in modo stagionale, assecondando i ritmi della natura. Questo è, a mio parere, il futuro delle rinnovabili. Tutte. Ogni ingegnere è chiamato al discernimento: ogni soluzione studiata deve confrontarsi con la sua eticità”. Pieno di entusiasmo, estro, genialità e motivazione, questa mente in perenne movimento, non sa ancora quale sarà il suo futuro ma per Giulio una cosa è certa: “ho deciso di restare in Italia perché amo lo sfide”.
Jessica Bianchi