“La lezione di Paolo credo si possa sintetizzare in una parola ormai desueta, poco utilizzata: la coerenza. Paolo non era un eroe: probabilmente avrebbe riso di questa definizione. Era una persona normale. Non era straordinario o eccezionale quello che faceva, bensì le condizioni in cui lo faceva, in un Paese in cui portare avanti con onestà e senso del dovere il proprio mestiere era diventato eccezionale”.Con queste parole Rita Borsellino ha introdotto la figura del fratello Paolo, durante il primo incontro autunnale della rassegna Ne vale la pena, il 27 novembre scorso, a Carpi. Ad ascoltare le sue parole, a condividere la sua emozione, umanità e passione, un Auditorium San Rocco gremito di gente, tra cui tanti giovani. Perché a 22 anni da quel 19 luglio del 1992, quando il giudice Paolo Borsellino venne ucciso insieme ai cinque agenti della sua scorta in via D’Amelio a Palermo, il suo messaggio e la sua eredità sono più attuali che mai.
Rita, intervistata dal giornalista Pierluigi Senatore, ha rievocato il ricordo del fratello, sottolineandone la grande capacità di entrare in sintonia con le persone, il profondo affetto nei confronti della famiglia (“la sua unica ‘debolezza’ era quella, e non è un caso che l’attentato sia avvenuto proprio sotto casa di nostra madre”, ha affermato Rita), fino al racconto dello stato d’animo di Paolo, ormai consapevole dell’imminenza della propria fine, durante i 57 giorni intercorsi fra la strage di Capaci e il suo assassinio.
“Dopo la morte di Paolo, mi sono resa conto del privilegio di averlo avuto come fratello, e ho deciso che non potevo tenerlo solo per me: ho sentito il dovere morale di condividere la sua eredità, soprattutto con i giovani, a cui lui teneva moltissimo. Paolo andava regolarmente nelle scuole, era convinto che solo insegnando la Giustizia ai ragazzi la mafia si sarebbe potuta sconfiggere”.
La sorella del giudice ha poi fatto un piccolo resoconto della propria esperienza da europarlamentare, contrassegnata dalla fatica ma anche dalla soddisfazione finale nel far riconoscere alle istituzioni europee la pericolosità della criminalità organizzata anche fuori dall’Italia; ha parlato della trattativa Stato-mafia, e ha spiegato l’importanza del ruolo della Chiesa, i cui vertici sono stati troppo spesso silenziosi o addirittura conniventi nei confronti dei mafiosi. La serata si è conclusa con la consegna a Rita Borsellino, da parte del sindaco di Carpi Alberto Bellelli e del presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi Giuseppe Schena, della targa Ne vale la pena, attribuita da questa edizione della rassegna a una personalità distintasi per il proprio impegno civile. “La lotta alle mafie deve attuarsi giorno per giorno, nella normalità delle nostre azioni quotidiane, utilizzando quel ‘passo del montanaro’ in grado di consentire cammini di lungo respiro, capaci di portare lontano”, ha affermato Schena. Bellelli, infine, ha dichiarato che durante la prossima seduta del Consiglio dell’Unione Terre d’Argine proporrà l’adesione dell’ente ad Avviso Pubblico, la rete di Amministratori pubblici che si impegnano concretamente a promuovere la cultura della legalità nella politica e nei territori da essi governati.
Laura Benatti