Grandi distese d’acqua si susseguono, l’una dopo l’altra. Regolari. Le risaie, divise da lunghi filari di pioppi e canali d’irrigazione, colorano d’azzurro e di verde la valle tra Budrione e Fossoli. Un paesaggio antico che parla la lingua di un passato ormai dimenticato, che sussurra le canzoni delle mondariso e serba nella memoria le loro schiene curve sull’acqua, le mani sporche di fango, il sudore, la fatica… Da “Sciur padron da li beli braghi bianchi” il viaggio del riso è giunto sino a noi, carico di fascino e suggestioni. La cultura del riso, infatti, ha radici ben salde anche nella nostra città: la Famiglia Baetta, da tre generazioni, intreccia la propria storia a quella di questo prezioso e delizioso cereale.
A Vittorio Baetta, titolare della storica azienda Carpi Riso insieme al fratello Ezio, chiediamo:
Quali sono le origini di Carpi Riso?
“L’azienda Riseria Modenese fu fondata a Carpi nel 1920 dalla Famiglia Beretta, proprietari terrieri di origine monzese che portarono avanti la bonifica di migliaia di ettari nella Bassa. Poi, nel 1959, mio padre, Natalino Baetta, rilevò l’attività di trasformazione, acquistando lo stabilimento della Riseria di via Berengario. Nel 1962 ebbero invece inizio i lavori di costruzione dell’attuale struttura di via Milano”.
La vostra azienda è giunta alla terza generazione: un amore quello per il riso che connota la vostra famiglia dagli Anni Cinquanta a oggi. Quanto è cambiato il modo di fare impresa? La passione per la materia prima è rimasta immutata?
“Naturalmente nel corso del tempo l’azienda è fortemente mutata: l’impronta artigianale delle origini è stata via via soppiantata da una direzione prettamente industriale. Siamo progrediti, facendo importanti investimenti e incrementando i volumi della materia prima lavorata. Al nostro fianco oggi lavorano anche una quindicina di addetti tra cui due dei miei figli, Giovanni e Francesco e mia nipote Margherita, ai quali ci sforziamo di trasmettere, giorno dopo giorno, l’esperienza maturata sul campo. I tempi cambiano velocemente ma l’amore per il riso è rimasto un punto fermo. Immutato in tutti noi”.
Quanto riso lavorate ogni anno?
“Trasformiamo e commercializziamo circa 100mila quintali di riso all’anno”.
Quante sono le tipologie di riso che escono dall’azienda?
“Proponiamo le migliori qualità italiane di riso (dall’Arborio al Carnaroli a tanti altri) e risi stranieri per andare incontro alle esigenze dei nuovi italiani”.
Come il fenomeno migratorio che ha interessato anche la nostra città ha allargato il vostro giro d’affari?
“L’alimentazione di molte etnie oggi presenti in città – e nel Bel Paese in generale – ruota intorno al riso, vero piatto principe. In paesi come Cina, Sud Est asiatico, Sud America, Nord e centro Africa, India, Pakistan e Bangladesh il consumo di riso raggiunge livelli impensabili: cinesi e africani, ad esempio, consumano sino a 150 chilogrammi di riso pro capite all’anno, contro i 5 degli italiani. La loro presenza ci ha indotti a differenziare e ad aumentare l’offerta di risi tipici delle loro zone di provenienza, i quali, per ragioni climatiche o di composizione dei terreni, non possono essere coltivate in Italia. Oltre a importare nuovi prodotti, come ad esempio Basmati, Thai Fragrant e Parboiled Usa, abbiamo creato una nuova linea a marchio registrato T&D, che per l’ampissimo successo riportato, sta dando soddisfazione e sviluppo ai commerci dell’azienda. Mio figlio Matteo infatti, nella nostra azienda agricola, coltiva anche l’Augusto: il re del riso per coloro che vengono dall’Estremo Oriente. I cinesi conoscono il riso da millenni e lo amano moltissimo: con loro non si sgarra”.
Quali sono i vostri mercati di riferimento?
“Il mercato di riferimento è principalmente quello italiano della grande distribuzione e dei grossisti tradizionali, oltre a quello europeo della distribuzione e della ristorazione italiana specializzata, dove la qualità dei nostri prodotti è particolarmente riconosciuta e apprezzata. Già da qualche anno, però, l’evoluzione nelle dinamiche dei mercati, dovuta alla globalizzazione e ai flussi migratori, ha portato a un considerevole sviluppo dei nostri volumi di lavoro.
I vantaggi della cucina mediterranea e italiana in particolare, sono ormai unanimemente riconosciuti. Per tale motivo c’è stata un’espansione della richiesta dei più classici risi italiani, soprattutto Arborio, Carnaroli e Vialone Nano, ragion per cui i nostri prodotti a marchio CarpiRiso oggi raggiungono, oltre a tutta la Comunità Europea, anche States, Canada, Brasile, Australia, Nuova Zelanda e persino Hong Kong e Singapore”.
Il fatturato ha risentito della crisi?
“Restiamo stabili e fatturiamo tra i 5 e i 10 milioni di euro l’anno”.
Jessica Bianchi