Quando i fondi restano a secco

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Se si dovesse sintetizzare in un’immagine l’afflusso dei fondi destinati alla manutenzione dei corsi d’acqua del modenese, la più adatta sarebbe quella di un fiume trasformatosi, nel tempo, in un esiguo rigagnolo: questo lo sconcertante dato emerso nel corso del Consiglio dell’Unione Terre d’Argine della scorsa settimana. Tra gli ospiti Rita Nicolini, dirigente provinciale del Servizio sicurezza del territorio, l’assessore provinciale Luca Gozzoli e il direttore dell’Agenzia Interregionale per il Fiume Po (Aipo) Luigi Fortunato, il quale ha declinato ogni addebito all’ente da lui presieduto rispetto all’esondazione di gennaio del Secchia. “Quel che è successo potrebbe ripetersi, poichè  non è legato alle opere che abbiamo eseguito. Anzi, se la cassa d’espansione del fiume fosse stata ampia il triplo, non sarebbe cambiato nulla. Il punto in cui si è verificata la falla, essendo rettilineo, è singolare per la morfologia del Secchia ed era stato manutenuto un mese e mezzo prima dell’evento. Se ci avessero detto che l’argine avrebbe ceduto proprio lì, avremmo scommesso che non sarebbe mai successo, perché si tratta di un tratto affidabile, un argine compatto e resistente”. Fortunato ha poi sottolineato come, dal 19 gennaio a oggi, siano stati operati diversi interventi su Secchia, Panaro, Naviglio, cavi Argine e Minutara per una somma superiore a 5 milioni di euro, dirottandoli da quelli per la manutenzione ordinaria. E a chi ha domandato ragione degli interventi non ancora realizzati, il direttore ha risposto lamentando il mancato trasferimento di somme già concesse: “erano stati promessi 180 milioni – che dovrebbero servire per interventi di consolidamento e di adeguamento della cassa di espansione del Secchia – con una delibera del CIPE nel 2007, fondi di cui però non vi è traccia. Per ora sono arrivati solo 230mila euro destinati alle indagini preliminari”. Insomma pochi soldi, dai 18 ai 31 milioni, sufficienti soltanto per la manutenzione annuale delle opere esistenti sui 3.800 km del bacino del Po. “Lo Stato ci deve garantire un flusso che ci permetta di programmare gli interventi, perché non si possono avviare cantieri senza la necessaria copertura finanziaria e ogni volta noi siamo con il patema d’animo”. Questa cronica carenza di fondi va così ad aggravare un nodo idraulico come quello modenese che, a detta della stessa Nicolini, “da vari anni, è stato individuato come uno dei punti più critici su cui intervenire. Purtroppo gli interventi strutturali di riduzione del rischio che avrebbero dovuto avere dei canali di finanziamento ordinari si sono seccati, per cui gli unici interventi sono sempre stati collegati a eventi calamitosi”. Inutile dire che, a catastrofe ormai avvenuta, l’entità dei danni è tale da allarmare anche i temperamenti più imperturbabili. Una prima stima dei danni riportati dal comparto dell’agricoltura, l’ha fornita l’assessore. “Delle circa 400 aziende colpite, almeno 300 lo sono state in modo pesante, con 11mila ettari interessati, 6.500 dei quali direttamente alluvionati. Il danno  si aggira intorno ai 54 milioni di euro. “Ma se a questi aggiungiamo quelli dei privati, la cifra rischia di raddoppiare.  Questo è il costo – ha concluso Gozzoli – dell’incapacità e dell’inefficienza nell’intervenire in tempo sul nodo idraulico, e in questo hanno giocato un ruolo sia l’incuria che un certo senso di onnipotenza nei confronti della natura”. Particolarmente tagliente, poi, l’analisi tracciata dal presidente dell’Unione, Giuseppe Schena: “l’emergenza di questi giorni non nasce dal nulla.  Aipo coinvolge quattro regioni ma, a volte, manca una relazione tra territorio, Regione e Provincia sugli interventi.  Qualche responsabilità di Aipo c’è: non capisco come mai, a fronte di un ente con 300 dipendenti, negli ultimi due anni non ci sia un dirigente sul territorio modenese e perché quello competente sull’area Emilia sia di difficile reperimento. Si potrebbe lavorare insieme, invece quel che è mancato in Aipo è proprio il gioco di squadra con i territori”. Di certo, per sperare di ottenere gli stanziamenti dovuti, tutti i soggetti interessati devono parlare con una sola voce. Obiettivo lontano dall’essere stato centrato.
Marcello Marchesini