La Chiesa ha una speranza: si chiama Francesco

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“Il nostro non è un libro contro la Chiesa, ma contro un certo modo di intenderla. Una speranza c’è, e si chiama Francesco”. Con queste parole lo storico delle organizzazioni criminali Antonio Nicaso si è difeso dalle critiche di quanti, nel saggio da lui scritto insieme al procuratore aggiunto a Reggio Calabria Nicola Gratteri, tra i magistrati più esposti nella lotta contro la ‘ndrangheta, vedono un testo pregiudiziale contro l’istituzione ecclesiastica. I due autori sono venuti a presentare il loro libro, Acqua santissima. La Chiesa e la ‘ndrangheta: storie di potere, silenzi e assoluzioni, in una delle prime date italiane, proprio a Carpi, in Sala Mori, nell’ambito della rassegna Ne vale la pena, promossa da Comune di Carpi, Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi, Fondazione Casa del Volontariato, Radio Bruno, Libreria Mondadori e Rock No War Onlus. “La Chiesa è una sola – ha continuato Nicaso, dialogando con il caporedattore di Radio Bruno, Pierluigi Senatore – ma è pur sempre fatta di uomini. Coi loro lati oscuri. Come Don Giovanni Stilo, che ospitava in Calabria mafiosi del calibro di Riina o Don Antonio Esposito. Oppure potrei parlarvi del Santuario della Madonna di Polsi, dal cui conto corrente transitavano miliardi di lire di dubbia provenienza”. Sono tante, insomma, le prove che dimostrano come una parte della Chiesa abbia chiuso un occhio, o entrambi, sul problema del rapporto di alcuni suoi esponenti con le organizzazioni mafiose. Del silenzio, quando non della complicità. “Per questo è arrivato il momento di aprire un dibattito, che mostri luci e ombre, per scegliere se si vuole una Chiesa del potere o una Chiesa dell’amore”. Perché è proprio questo che Acqua santissima racconta, la storia di uomini che hanno abdicato al proprio compito, che hanno scelto di stare dalla parte dei potenti. Detentori di un enorme potere criminale, essendo la ‘ndrangheta la mafia più ricca tra le cinque presenti in Italia; talmente forte da avere un giro d’affari stimato intorno ai 44 miliardi di euro. “Le mafie sono distorsioni del potere – continua Nicaso – e per questo non sono mai state rivoluzionarie, nè dalla parte della povera gente. Non bisogna pensare la ‘ndrangheta attraverso il paradigma dell’arretratezza, dei semianalfabeti che bruciano immagini sacre e si pungono in strani riti tribali sulle sperdute colline della Calabria, poiché si tratta di un’organizzazione che, espandendosi in tutti e cinque i continenti, ha saputo coniugare tradizione e innovazione in un modo moderno ed efficace. Se le mafie mettono radici è perché qualcuno accetta il dialogo con loro, perché trovano interlocutori”. E, nel Sud Italia, la Chiesa cattolica è stata, per lungo tempo, un’istituzione molto forte. Al contempo, purtroppo, sostengono gli autori, anche molto distratta sul tema della lotta alla mafia: “l’obiettivo della sua azione di contrasto, sin dopo l’unificazione del Paese, sono stati i massoni prima, i comunisti poi e, infine, i divorziati. Queste erano le priorità, mentre gli ‘ndranghetisti, formalmente assai devoti, capaci di organizzare le feste patronali, di elargire cospicue donazioni, di riempire le Chiese ogni domenica, esponenti insomma di una mafia pia, hanno fatto comodo”. Almeno fino al ’75, quando l’ondata di sequestri, l’indignazione dell’intera nazione e l’attenzione dei media puntata sulla Calabria hanno fatto sì che anche la Chiesa iniziasse a denunciare la ‘ndrangheta, dando il via a un processo che però rimarrà per decenni ancora a livello delle mere dichiarazioni, alle quali non seguiranno fatti concreti. Ma se fu Giovanni Paolo II ad aver chiesto con forza ai mafiosi, durante un suo viaggio in Sicilia, di pentirsi, secondo Gratteri (magistrato competente al punto tale da essere scelto dal presidente del consiglio Enrico Letta per far parte della  task force per l’elaborazione di proposte in tema di lotta alla criminalità organizzata) l’azione di Papa Francesco sta andando oltre. “Non solo nel suo stile comunicativo, nel suo appello alla semplicità, all’abbandono del lusso e dell’ostentazione, ma anche nelle azioni concrete, questo pontefice ha iniziato a dire cose che, a mio avviso, lo sovraespongono, ma questa è una mia sensazione, che non si basa né su fatti concreti né su qualche dato d’indagine. Nominare otto cardinali per riformare lo Ior e tutta l’architettura economico-finanziaria del Vaticano, che per decenni hanno rappresentato un vero e proprio buco nero nel quale sparivano tutte le rogatorie e le richieste di chiarimenti, vuol dire toccare centri di potere dentro e fuori la Santa Sede”. L’ultimo appuntamento della rassegna Ne vale la pena sarà con il celebre scrittore di best seller d’avventura Marco Buticchi, lunedì 2 dicembre, alle 21, presso Sala Mori.
Marcello Marchesini