Carpi laboratorio d’Italia

0
267

Che gli imprenditori carpigiani si dovessero rassegnare alle contraddizioni delle mappe di scuotimento lo si sapeva, ma che dovessero pure rimettere mano agli interventi fatti durante la prima fase dell’emergenza, ecco questo ha provocato la reazione di parecchi di coloro che erano presenti all’incontro presso l’Auditorium Loria, lo scorso 10 settembre. L’unica consolazione è stata quella di sapere che Carpi è diventata “laboratorio d’Italia” come l’ha definita Giovanni Bartolotti di Confindustria Modena, l’uomo del terremoto che, dal maggio 2012, si occupa del sisma e delle conseguenze che ne sono derivate per le imprese. Da questa esperienza ci si sta muovendo per definire a livello nazionale le linee guida del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici. All’incontro organizzato da Confindustria Modena e da Unindustria Reggio Emilia è intervenuto, infatti, il pool di esperti al quale è stato commissionato il vademecum per le aziende alle prese con i danni del terremoto. Ne fanno parte Ivo Vanzi del Dipartimento di Ingegneria e Geologia dell’Università di Chieti, Walter Salvatore del Dipartimento di Ingegneria civile e industriale dell’Università di Pisa e gli ingegneri Stefano Curli, Gianluca Loffredo e Francesco Ottaviano. Particolarmente folto il pubblico di imprenditori e ingegneri interessati a capire come procedere nella messa in sicurezza degli edifici adibiti ad attività produttive, con quali regole, principi e norme occorre muoversi nella delicata fase della ricostruzione post sisma. I tempi stringono se, come ha ricordato il professor Ivo Vanzi “coloro che sono tenuti a fare le verifiche e il successivo progetto devono presentare la documentazione entro fine dicembre”. Coinvolti i capannoni di Carpi, Bomporto e Soliera: pur non avendo subito danni diretti, dovranno essere adeguati alle nuove norme antisismiche. Rimane il paradosso definito dalle mappe di scuotimento perché a poca distanza, a Fossoli, al di là della riga tracciata dall’Ingv, i proprietari non sono tenuti a intervenire perché i capannoni si intendono collaudati dalla natura, essendo stato raggiunto e superato nella zona lo scuotimento sismico del 70%. “Abbiamo raccolto i dati sui vostri capannoni, che per la verità – ha sottolineato Vanzi – sono molto simili a ciò che c’è nel resto della penisola, e li presentiamo da un punto di vista geometrico per capire i carichi che ci sono in gioco, quali sono i problemi più ricorrenti e gli interventi più efficaci”. Nella prima fase dell’emergenza sono stati disposti interventi di messa in sicurezza che oggi vanno rivisti: legare travi e pilastri, così come imposto subito dopo le scosse del maggio 2012 dalla Regione Emilia Romagna, per evitare che potessero morire altri lavoratori sotto il crollo dei capannoni, è oggi superata dalla necessità di ridurre la vulnerabilità sismica introducendo un appoggio dissipativo, in grado di assorbire le oscillazioni e scaricarle alla base. Gli imprenditori per riaprire le attività subito dopo il terremoto hanno sostenuto i costi di un intervento che oggi va rivisto e si ritrovano a dover rifare tutto mettendo mano nuovamente al portafogli per ottemperare alla legge sull’adeguamento sismico. “Si tratta , in genere, di interventi non particolarmente complessi dal punto di vista tecnico. Il principio che – conclude Ivo Vanzi – abbiamo cercato di rispettare è quello di non dar fastidio alla produzione perché il punto centrale è evitare che questa si fermi. Altrimenti è un disastro”. Amari i commenti degli imprenditori carpigiani presenti. Avrebbero voluto sentirsi dire che le mappe di scuotimento ricomprendevano anche i loro capannoni ma così non è stato. E per evitare di affrontare interventi particolarmente onerosi al fine di ottemperare alle legge di adeguamento sismico, a loro non resta altra possibilità che quella di trasferirsi fuori dalla zona del cratere, “anche solo a Campogalliano”.
Sara Gelli