“Matteo tieni botta”

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Battute con tempi comici degni del miglior cabarettista alternate ad appelli all’impegno e alla speranza, citazioni di Dostoevskij a detti fiorentini, proposte per il futuro a stoccate alle correnti: Matteo Renzi è così, prendere o lasciare. E pare proprio che gli elettori del Pd prendano tutto il pacchetto e con un entusiasmo che il popolo del Centrosinistra non dimostrava da molto tempo. Almeno a giudicare dalla folla che, lunedì scorso, ha riempito il palco della collina della Festa Democratica di Carpi, facendo registrare un pienone che neppure i concerti dei Negrita. Dato ancor più stupefacente se si pensa che la Festa, il lunedì, è abitualmente chiusa. Ma i volontari che scelgono di fare gli straordinari per tenere aperti gli stand gastronomici, la tangenziale intasata d’auto, le grida di “Matteo tieni botta!” e “Mandali tutti a casa!” che si levano dalla platea, la standing ovation di applausi, i rappresentanti del Pd locale schierati in prima fila – dopo che, quasi all’unanimità, avevano disertato l’incontro con il sindaco di Firenze la prima volta che venne a Carpi, alla vigilia del voto delle Primarie – testimoniano l’ascesa di quello che, con ogni probabilità, sarà il prossimo segretario del Pd. Renzi è ben conscio del suo fascino: “i leader, in politica, servono. Che il Pd sia un luogo in cui si fa comunità e dove non c’è un capo indiscusso è positivo, ma questo non toglie che ci possa e ci debba essere una guida. Bersani dava all’espressione ‘un uomo solo al comando’ un’accezione negativa, ma in realtà questa fu coniata da un radiocronista per descrivere la fuga di Fausto Coppi nella tappa Cuneo-Pinerolo del Giro d’Italia del ’49. E Coppi ha vinto sia perché aveva una squadra forte alle spalle, sia perché possedeva le caratteristiche peculiari del campione. Il Pd non può passare il tempo a litigare tra i vari capi corrente, ma deve portarci alla vittoria. Sono stanco di sentire questo popolo che arriva all’ultima tappa e, ogni volta, ‘quasi’ vince”. Se al tempo delle Primarie, i suoi avversari avevano neppure troppo velatamente suggerito che la sua abilità comunicativa lo avvicinasse troppo a modelli ‘carismatici’ di stampo berlusconiano, Renzi ribalta la prospettiva. “Il modo in cui comunichiamo i nostri valori e ciò che vogliamo essere è fondamentale. Siamo stati talmente subalterni da vedere nel termine comunicazione quasi una parolaccia, ed è stata questa incapacità di comunicare una delle responsabilità storiche del gruppo dirigente che ha perso le ultime elezioni; incapacità che ha fatto in modo che Berlusconi diventasse ancora determinante”. Il sindaco di Firenze mette poi in guardia circa la tentazione di affidarsi a un salvatore: “non delegate la vostra speranza a un solo uomo, perché il nostro contributo dobbiamo darlo tutti. Il modello culturale non può essere quello del Ghe pensi mì”. Se infatti c’è un altro tema forte nella ‘teodicea’ renziana, è proprio quello della necessità di sconfiggere Berlusconi – e il berlusconismo – nelle urne e non nelle aule di tribunale: “credo che in un Paese civile le sentenze si rispettino e non si commentino, ma Berlusconi andava mandato a casa per il suo malgoverno e l’errore più grande che il Pd abbia mai fatto è stato quello di permettergli di tornare in campo dopo le Primarie, perché il mio partito ogni volta che è convinto di vincere, perde”. Renzi auspica il ritorno a un Paese gentile, dove non viga un perenne atteggiamento da guerra civile. “In un Paese serio, Calderoli, dopo le esternazioni rivolte al ministro Kyenge, andrebbe a casa per sempre. Alla politica non servono nemici, ma avversari. Veniamo da vent’anni in cui si è giocata una gigantesca partita di wrestling nella quale ci si è picchiati per finta, senza cambiare nulla e siamo stanchi dei rivoluzionari a parole e dei conservatori nei fatti. C’è stato il risultato positivo dell’ingresso nell’euro con il governo dell’Ulivo, ma tutti gli altri problemi sono ancora sul tappeto. Occorre dare risposte ai cittadini e, in questo senso, il confronto delle Primarie è stato positivo perché finalmente si è smesso, almeno per un momento, di guardarsi l’ombelico, per affrontare i temi reali”. Sul Governo Pd-Pdl, Renzi si è poi detto convinto che l’esperienza non potrà andare avanti ancora a lungo. “Il Pd si è trovato in una situazione difficile perché non aveva una Maggioranza in grado di governare. Quando dissi che volevo anche il voto dei delusi del Centrodestra fui criticato aspramente. Col senno di poi, sarebbe stato meglio cercare il loro appoggio piuttosto che dover chiedere, oggi, quello di Brunetta, Schifani e Alfano”. Renzi ha poi parlato del suo incontro con la cancelliera tedesca Angela Merkel: “nel Centrodestra si tenta di usarla come capro espiatorio, personalmente sogno un’Europa in cui la Germania non sia un nemico, bensì il nostro principale alleato. Un’Europa che sia la casa dei sogni di domani, non il luogo degli incubi di oggi. Ma basta ragionare: il debito pubblico è colpa della Merkel o dei politici che hanno contribuito a crearlo nei decenni? E, ancora, occorre ridurlo per fare un favore ai tedeschi o perché lo dobbiamo ai nostri figli e ai nostri nipoti?”. Prima di salutare il pubblico entusiasta, Renzi ha elencato alcuni dei punti a suo avviso imprescindibili per disegnare il futuro dell’Italia: dall’opera di semplificazione della burocrazia al passaggio da uno Stato sospettoso a uno collaborativo nei confronti dei cittadini, dalla riforma del mercato del lavoro puntando sulla libertà di assumere piuttosto che su quella di licenziare agli investimenti in cultura come uno dei beni primari del Paese. “Alla base di tutto, però, si deve ricreare un rapporto di fiducia tra politica e cittadini. Per far questo occorrono segnali di riconciliazione, come l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Ricordiamoci tutti che il futuro non è scritto, ma sarà quello che avremo saputo costruire. Penso che il Pd potrà far volare l’Italia”. Partito Renzi, resta la sensazione di un popolo di Centrosinistra disposto, forse anche per la disperazione sorta dopo le ripetute batoste, a firmargli un assegno in bianco. Una sorta di ultima spiaggia: la speranza di molti, compresi i tanti elettori che, alle scorse Primarie, si sono affidati a Bersani per poi restarne scottati. Ultima annotazione sulla classe politica locale: qualche renziano della prima ora (a Carpi non erano molti) e parecchi renziani dell’ultimo minuto. Sospettiamo tantissimi renziani di domani.
Marcello Marchesini