“La Cambiale Errani così non va”

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Coloro che vivono in un modulo abitativo o che, nei container, hanno ripreso le loro attività artigianali o commerciali, non ci stanno. “Non ne possiamo più di sentir dire che va tutto bene e che i problemi sono stati risolti. Non è vero nulla”. Le istanze presentate da coloro che hanno perso casa o lavoro sono logiche: chiedono un indennizzo irrevocabile per ricostruire e non un contributo che potrebbe esser loro tolto. “E’ un nostro diritto – ripetono da mesi – vogliamo essere trattati dallo Stato come gli abitanti dell’Aquila”. E, ancora, “qui la ricostruzione non è ancora iniziata, siamo solo alla fase degli abbattimenti. Le costruzioni nuove sono state realizzate grazie a donazioni di privati ed enti e non attraverso contributi pubblici di Stato e Regione”. Altri ancora se la prendono con la burocrazia miope: “le domande di contributo sono poche rispetto alle migliaia di sfollati, perchè le procedure volute dalla Regione sono complicate e, spesso, gli stessi professionisti, dagli ingegneri agli architetti, alzano le braccia e rinunciano agli incarichi scoraggiando gli sfollati che sono ancora senza casa”. Dal canto suo il Comitato di protesta Sisma 12, che si è riunito a Novi, la scorsa domenica, ha ripetuto a gran voce la propria richiesta: “perchè il terremotato invece di firmare un contratto di conto corrente dove accreditare i soldi da destinare all’impresa che esegue i lavori, non può sottoscrivere un finanziamento con clausole che prevedono per il beneficiario il rimborso del residuo qualora la normativa cambiasse? Chiediamo quindi il passaggio dal contributo all’indennizzo anche perchè molti di coloro che sono senza un’abitazione optano per i prefabbricati in legno (a 1.500 euro al mq) perche non sanno se, e come, potranno ristrutturare la propria casa e quando arriveranno i contributi. Insomma, una situazione provvisoria che dura da oltre un anno ed è destinata a protrarsi ancora”.
Cesare Pradella

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