Mass media, io mi rivolgo a voi, aiutateci! E’ questo l’appello di un’adolescente di Rovereto

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Mi chiamo Gloria, ho 14 anni e sono una sopravvissuta del terremoto. Abito a Rovereto, il secondo comune maggiormente colpito, ma nessuno parla di noi. Alcuni ci conoscono per Don Ivan, che ha perso la vita nel crollo della sua chiesa. Altri per l’arrivo del Papa. Ma chi ci conosce per quello che è successo davvero? Chi ci conosce per i cuori straziati, per le case crollate o per le scuole che sono esplose? Bene, questo è il vero racconto, le vere emozioni di una ragazzina che ha visto crollare il suo paese.
Il 20 maggio 2012 non ho sentito la scossa. Mi trovavo a Cesenatico a una gara, ma mi sono comunque sentita crollare il mondo addosso quando ho visto la macchina dei miei genitori di fronte alla mia fermarsi, e vedere la mamma scendere in lacrime dicendo: ‘Ci siamo in mezzo, casa nostra è un macello’. Nessuno immagina di sentire queste parole nel corso della propria vita. Nessuno immagina che un ‘ladro’ si intrufoli sotto la propria casa e vi sorprenda in piena notte. Tornati a casa, nulla era al suo posto. Bottiglie di vino e aceto a terra. Rotte. I miei libri sporchi di vino. Tutte le mie medaglie e i miei quadri a terra. Ma questo è nulla se paragonato a tutto quello che stava per accadere. A novembre c’erano state solamente due piccole scosse una un mattino, in cui avevo preso della pazza a scuola perchè avevo detto che secondo me c’era stata una scossa e una tre giorni dopo. Era un avvertimento, ma nessuno avrebbe mai immaginato cosa ci stava riservando la terra. Mercoledì 23 maggio, mi trovavo a scuola. Ma non nella mia, alle medie, bensì alle elementari già per metà inagibili. Ero lì di pomeriggio per un corso di potenziamento di inglese per l’esame. Nel bel mezzo del silenzio, si sentì un rumore inconfondibile: il boato del terremoto. Il primo istinto è stato quello di andare sotto il banco. Aspettammo che la scossa finisse. Sarà durata 4 o 5 secondi, ma non potete immaginare quanto siano lunghi 4 o 5 secondi quando ti senti impotente contro tutto. Scendemmo le scale e ci ritrovammo tutti in strada. I telefoni non prendevano e riuscii a chiamare mia mamma solo 15 minuti dopo. Stava bene anche se era bloccata a letto. Da quel giorno in poi abbiamo sempre dormito con il telefono, le chiavi della macchina e una pila vicini, coperte e maglie pesanti in macchina e le ciabatte accanto al letto così da poter scappare immediatamente. Lunedì 28 iniziavano i ‘turni con le elementari’. A noi toccava andare a scuola di pomeriggio anche se a nostro parere era la cosa peggiore del mondo. L’esame era vicino e anche se svogliatamente, la mattina del 29 alle 8:50 iniziai a scrivere la mia tesina. Alle 9:00 vidi ondulare il computer. Mi buttai subito sotto alla piccola mensola su cui era appoggiato e guardai la mia cucina. Tutto oscillava i mobili si spostavano e io mi sentivo schiacciare tra i muri. Appena vidi la televisione cadere capii che era arrivato il momento di scappare. La forza del terremoto mi faceva cadere, ma tra tutto quel rumore riuscii a riconoscere solo una cosa: l’abbaiare del mio cane. Io mi trovavo al piano terra, mentre lui era al primo. E’ anziano e non riesce a scendere le scale, così senza pensarci nemmeno un secondo, raccolsi tutto il coraggio che avevo e mi infilai su per le scale. Credevo fosse arrivata la mia ora. Fulmine mi aspettava lì davanti alla porta. Lo afferai e mi precipitai giù dalle scale mentre la scossa non era ancora finita. Riuscii a uscire. Nella casa di fianco alla mia abitano mio nonno e mia zia. Mio nonno è molto anziano e mia zia, affetta da sclerosi multipla, non riesce a camminare. Il suolo non smetteva di tremare e non vedevo uscire il nonno e la zia. Pure in quell’occasione non riflettei e mi buttai in casa loro anche se il terremoto continuava a spingermi nell’altro senso. Il nonno non riusciva ad aprire la porta così lo aiutai, la sbloccammo e, finalmente, ci ritrovammo tutti in strada. C’era una confusione pazzesca. Appena finita la scossa vidi arrivare i miei genitori e scoppiai in un pianto a dirotto quando mi accorsi della gravità della situazione e pensando che il mio fidanzato e mio fratello erano a scuola. Papà si fermò lì con me, mentre la mamma scappò da Lorenzo, mio fratello. Non riuscivo a smettere di piangere. Non mollai Fulmine per un secondo nella paura che iniziasse un’altra scossa e dovessi correre a riprenderlo. Andammo a scuola, passammo sulle macerie delle case lì vicino e poi finalmente una cosa ci rallegrò: vedere tutti i bambini in strada, sani e salvi. Mio fratello corse ad abbracciarmi in lacrime e mia mamma essendo la prima a essere arrivata abbracciava tutti i bambini che erano soli senza la loro mamma. Arrivò anche la nonna. Quando ci vide sani e salvi si buttò a terra e scoppiò a piangere pure lei. Andai a Carpi per vedere il mio fidanzato. Avevo tutta la faccia rigata dalle lacrime e il cuore che non smetteva di battere. Stava bene e ora potevamo tornare a casa. Decisi di andare con mio papà. Dovevamo accompagnare una signora in sedia a rotelle a casa del figlio. Erano le 12:50,10 minuti prima dell’altra grande scossa. Eravamo in macchina e sentii il furgone quasi appoggiarsi per terra, la terra fare un’onda e le case di fronte a me crollare come se fossero fatte di carta. La strada era solo polvere. Intanto si era sparsa la voce: il don era morto per salvare la Madonna. Intanto continuavamo a chiamare la mamma, la nonna, chiunque, per sapere come stavano. Non trovarsi vicino alle persone che ami mentre succedono queste cose è come se ogni volta che la terra trema, un pezzo di cuore ti si stacca. Quel pomeriggio lo passai in giardino. Cercavo di dormire ma era un continuo tremolare e stare in casa ti faceva salire un’ansia senza eguali. Ero abituata a camminare scalza nel giardino della nonna, ma quel giorno la terra scottava. Sembrava di camminare sui carboni. La nostra fortuna fu avere a disposizione una roulotte con la sua veranda. Prima l’avevamo sempre usata per le vacanze, quest’anno per una vera e propria emergenza. Le scosse non finivano mai, era un continuo oscillare. Ma poi, arrivò la notte. Andammo tutti a dormire, ma penso che nessuno abbia davvero dormito. Appena chiudevi gli occhi avevi la sensazione di traballare così, mi rassegnai e mi alzai. Uscii dalla roulotte e fuori c’erano la mamma e la nonna che guardavano il computer e leggevano gli articoli sul terremoto. Nei giorni seguenti cercammo di riprendere la vita in modo più normale possibile. Domenica 3 giugno il terremoto ci sorprese ancora. Eravamo in giardino, nel mezzo del giardino (questo giardino è di 4mila metri quadrati) e sentimmo di nuovo un’altra scossa, tutti a correre. Non sapevamo dove, non sapevamo perchè, ma l’istinto ci diceva di scappare. Questo è il terremoto. Questo è quello che provoca. Questo è quello che lascia dentro i cuori. Mass media, io mi rivolgo a voi: AIUTATECI! Nessuno parla della piccola Rovereto, dove nonostante il campanile e malgrado le case da abbattere, la vita va avanti. Dove non abbiamo rinunciato alla nostra sagra di S. Luigi, con anche i fuochi artificiali. Rovereto c’è, Rovereto vive. Queste sono semplici parole, per chiunque lo legga, fatelo leggere ai vostri amici, ai vostri figli ai vostri genitori, a chiunque, perchè tutti si ricordino di quello che ci è successo. Grazie di cuore a chiunque condividerà per farci aiutare, noi non perdiamo la speranza!
Gloria

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