I soldi ci sono ma l’iter burocratico è imbarazzante

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Ci sono o non ci sono? Numerosi i cittadini che si domandano se i promessi 6 miliardi di euro da destinare alla ricostruzione dell’Emilia siano sogno o realtà. Sgombriamo immediatamente il campo da ogni dubbio: il 10 gennaio, nessun euro sonante è giunto nelle casse degli istituti di credito. Nessun denaro liquido è stato iniettato nel sistema bancario per ridare linfa vitale al nostro territorio martoriato dal sisma di maggio. La macchina è ben più complessa e, diciamolo pure, farraginosa. Ma allora, cos’è cambiato? Dal 10 gennaio i succitati 6 miliardi sono disponibili presso la Cassa Depositi e Prestiti, ciò significa che le banche possono ora fare richieste – con una cadenza mensile – sulla base delle disposizioni di pagamento che riceveranno da parte dei Comuni (per quanto riguarda le abitazioni danneggiate) e dalla Regione (per quanto concerne le imprese).  In soldoni: i cittadini con una casa inagibile devono presentare una domanda di contributo al Comune di residenza, la domanda potrà essere accettata o respinta  dall’Ente qualora non fosse ritenuta congrua con i requisiti stabiliti dalle ordinanze regionali. L’accettazione della domanda implica poi la produzione di un ulteriore documento, la cosiddetta Cambiale Errani, la quale stabilisce che al tal cittadino debba essere corrisposto un determinato contributo. Il meccanismo vale anche per le imprese ma il soggetto referente non è il Comune bensì la Regione Emilia Romagna. Ma delle sole Cambiali Errani, le banche non sanno che farsene. Per l’elargizione del denaro occorre infatti un ulteriore passaggio “di mano”. Gli istituti di credito pagheranno le imprese sulla base di una seconda disposizione comunale (o regionale) rilasciata solo quando il cittadino presenterà le prime fatture di pagamento. Nel caso invece in cui i privati avessero già sostenuto tutte le spese legate al ripristino delle proprie case, la somma sarà loro risarcita in un’unica soluzione (sempre dietro presentazione al Comune/Regione delle fatture già pagate).
I tempi? Alla fine di ogni mese, sulla base delle richieste di pagamento ricevute da Comuni/Regione, le banche manderanno alla Cassa Depositi l’importo totale occorrente e il 10 del mese successivo l’istituto di credito procederà coi pagamenti. Considerato il carico immane di lavoro – e di scartoffie –  in mano a Comune e Regione, non stupiscono i ritardi con cui viene gestita la fase della ricostruzione, fase destinata a durare ancora a lungo. Ad oggi, infatti, sono solo 900 (90 per il Comune di Carpi) le procedure avviate attraverso il Mude – il modello unico digitale per l’edilizia, ovvero la piattaforma telematica attraverso cui i professionisti, incaricati dai cittadini che hanno un’abitazione danneggiata dal sisma, possono espletare tutte le pratiche edilizie necessarie per gli interventi e per il contributo ai lavori – per ricevere il contributo che riguarda circa 3mila abitazioni. Di queste soltanto 80 (cambiali Errani) sono state depositate presso gli istituti bancari che, a loro volta,  attendono la fatturazione dei lavori per eseguire poi, il prossimo mese, i pagamenti. Bocce ferme quindi.  A nessuna Banca, ad oggi, è ancora pervenuta alcuna richiesta di pagamento. Quei 6 miliardi di euro sono quindi ancora bloccati. Ma esistenti. Chissà se la certezza delle risorse a disposizione, malgrado l’iter burocratico sia a dir poco imbarazzante, incentiverà in maniera esponenziale anche il numero di pratiche… a patto, naturalmente, che i progettisti siano riusciti a comprendere le ordinanze! Ma questa è un’altra storia.
Jessica Bianchi

Buoni e cattivi
Sarebbe una semplificazione pensare che le banche oggi fungano soltanto da mero tramite tra la Cassa Depositi  e i cittadini. L’impianto è ben più complicato. Non ci sono buoni e cattivi. Non in terra d’Emilia per lo meno. I 6 miliardi “generosamente” destinati dallo Stato alla ricostruzione sono a tutti gli effetti una mistificazione. Saranno le banche infatti a dover rimborsare la Cassa Depositi in rate semestrali in un arco di tempo lungo 25 anni. Le banche a loro volta saranno risarcite dallo Stato attraverso degli sconti sulle imposte (c.d. credito d’imposta), pari alle somme rimborsate semestralmente alla Cassa Depositi e Prestiti, sempre in un arco temporale di 25 anni. Praticamente lo Stato riceverà dalle Banche 6 miliardi in meno di imposte per i prossimi 25 anni, sempre che in 25 anni le Banche abbiano imposte da pagare per quell’importo. Altrimenti i tempi di recupero del credito vantato verso lo Stato dalle banche si allungheranno. Insomma i 6 miliardi per i cittadini ci sono, il rimborso dei 6 miliardi a CDP spetta alle banche, il resto sono problemi fiscali e contabili delle banche.

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