Ricostruzione post sisma in odore di mafia

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“Dal territorio ci giungono segnali strani e sospetti, anche da fonti autorevoli. Per esempio ingegneri che si presentano offrendo pre-finanziamenti rispetto ai contributi che dovrebbero arrivare dalla Regione o il rilascio di certificati non autentici e, ancora, l’offerta di pacchetti ‘tutto compreso’, dalla perizia al rimborso, a prezzi stracciati”. E’ in queste parole di Stefano Zanardi, del Comitato Unitario dei Professionisti (CUP) modenese, che risuona l’allarme per il pericolo di infiltrazioni mafiose nella ricostruzione post-sisma. Una torta troppo succulenta – 40mila cantieri l’anno rispetto a una media di 2mila, per un totale di 10 miliardi di euro – perché gli smodati appetiti della criminalità organizzata non ne siano attirati. Se ne è parlato venerdì scorso alla Biblioteca Loria, in un incontro organizzato dal presidio Libera di Carpi. Tra i relatori anche Marco Imperato, magistrato del Tribunale di Modena. “Ho detto più volte che per me è stato più facile vedere i segnali della mafia a Modena che in quattro anni a Marsala, ma dobbiamo capire che qui il suo volto è diverso. Nel nostro territorio la mafia cerca di fare investimenti e corrompere e la crisi non fa che facilitarla. La Procura si muove però su notizie di reato, ed è per questo che senza il sostegno della società civile non può intervenire tempestivamente”. Non ci si illuda poi, ha continuato Imperato, che bastino white list di aziende con certificati obbligatori a far desistere i mafiosi. “I fenomeni più efficaci di infiltrazioni sono fatti proprio avendo, a prima vista, tutte le carte in regola. Al massimo gli complicherà un po’ il lavoro, ma stiamo parlando di persone abili a nascondere le proprie tracce. Per questo occorre stare sul territorio, raccogliere dati sui cantieri, osservare cosa accade”. Ed è proprio dal territorio che arriva la richiesta di un coinvolgimento più deciso. “Noi nei cantieri ci siamo – ha interloquito Franco Zavatti, responsabile legalità e sicurezza Cgil Emilia Romagna – e per questo bisognerebbe unire, intorno a uno stesso tavolo, con cadenze fisse e periodiche, tutti i punti di vista: istituzioni, imprese, sindacati, professionisti e Forze dell’Ordine. Si tratta di un nuovo modo di lavorare che diventa però necessario se non vogliamo ritrovarci, troppo tardi, con pezzi interi di società divorati dal cancro delle mafie”.
Marcello Marchesini

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