L’esodo delle Clarisse

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L’esito del sopralluogo effettuato a luglio dall’Unità di Crisi Coordinamento regionale Sisma 2012 del Ministero per i Beni culturali e Ambientali non lascia spazio ai dubbi e conferma l’inagibilità E. Si tratta dell’inagibilità più grave. “L’edificio cinquecentesco che per secoli ha ospitato le suore clarisse ha subito un danno ingente – spiega l’architetto Anna Allesina dello Studio Arké di Modena – ma si sta prefigurando l’ipotesi di poter rendere agibile la parte della foresteria. La Soprintendenza, che ha seguito l’iter di valutazione del danno, ha condiviso il progetto e dovrebbe rilasciare il nullaosta a giorni. Dopodiché il Comune potrebbe procedere con la riduzione dell’inagibilità, consentendo alle suore di rientrare”. In quella porzione di edificio, al primo piano a ridosso della Chiesa, dove un tempo c’era la casa del sacerdote, era stato effettuato nel 2000 un intervento di restauro e consolidamento da parte dell’architetto Allesina per recuperare spazi in cui ospitare gruppi o singole persone in occasione di ritiri spirituali. “Già allora era emersa una situazione di scarsa qualità del sistema murario e strutturale seicentesco (ricordiamoci che il monastero è in parte frutto di accorpamenti di edifici preesistenti), e il quadro fessurativo originato dal terremoto ha confermato la necessità di intervenire con un progetto complessivo di consolidamento e miglioramento antisismico. Nell’arco dei secoli – prosegue l’architetto, che può contare oggi su una conoscenza molto approfondita del complesso conventuale maturata nell’arco di questi dieci anni – la configurazione originaria del convento è stata in parte snaturata e il degrado a cui assistiamo oggi è anche purtroppo frutto dell’uso di tecniche e materiali impropri. L’ obiettivo è quello di riportare il Monastero di Santa Chiara ai caratteri storici originari risanando o eliminando situazioni incongrue, ma oggi , anche a seguito del sisma, non è più possibile procedere per singoli lotti di intervento come è stato fatto finora”.
L’altra porzione risparmiata dal terremoto è quella in cui ha sede l’infermeria, ubicata al primo piano nell’angolo sud ovest , a cui sarà possibile accedere attraverso tunnel di protezione, realizzati con ponteggi e tavole lignee, che garantiscano l’incolumità delle persone e permettano transiti veloci. Negli spazi, seppur ristretti, della foresteria le clarisse potranno rientrare già nei primi giorni di novembre assicurando così il presidio e la riapertura della chiesa di Santa Chiara, fra le poche agibili in centro storico. Il resto del monastero che si affaccia su corso Fanti e ricopre complessivamente un’area di tremila metri quadri circa resta “un sistema strutturale ad alta vulnerabilità, anche a causa delle trasformazioni incongrue che dagli inizi del Novecento (soprattutto dal dopoguerra) hanno indebolito lo schema statico del complesso conventuale . Trattandosi di un edificio storico e soggetto a vincolo di tutela, il progetto di adeguamento sismico sarà senza dubbio complesso e dovrà assicurare, nel contempo, la piena tutela del bene”. L’intervento che si dovrà effettuare per poter restituire la piena agibilità al monastero sarà sicuramente oneroso. Da una prima stima sommaria l’importo potrebbe essere non inferiore al milione e mezzo di euro: per le suore clarisse un impegno particolarmente gravoso dal punto di vista economico ma è in gioco la conservazione di una parte di storia della città, che rischia di andare perduta. I volumi, recentemente editi dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi, restituiscono, attraverso una precisa ricerca storico documentale basata su fonti storiche e materiale iconografico, l’importanza del Monastero di Santa Chiara. “Ogni traccia è importante, la storia del convento la ritrovi anche sulle murature” conclude l’architetto Allesina.
Sara Gelli

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