Un video semplicissimo ma altrettanto esplicativo sta girando in Rete in questi giorni tormentati dal terremoto emiliano. In spiaggia, un signore riempie un secchiello di acqua di mare; dopodiché lo ricolma di sabbia fino a raggiungere il pelo dell’acqua; vi appoggia sopra un sasso, preme con forza: nessuna deformazione. Ma poi, picchiettando con le mani il secchiello, l’acqua inizia a fuoriuscire dalla sabbia, che a questo punto cede, diventa una pappa: il sasso sprofonda. Non è un banale gioco per bimbi, ma la spiegazione perfetta di quello che accade ai terreni sabbiosi saturi d’acqua in caso di sisma di forte intensità, un fenomeno conosciuto come “liquefazione”. L’effetto osservato è quello della repentina fuoriuscita dal terreno di una melma sabbiosa, che si riversa in superficie attraverso fenditure lineari, condotti puntuali o dalla tubazione dei pozzi. Campi, giardini e cantine inondati di sabbia e limo è ciò che ha destato lo stupore di molti abitanti delle zone colpite dal sisma degli ultimi giorni, nonché l’interesse dei geologi che hanno avuto la possibilità di osservare questo fenomeno ben noto ma non ancora documentato in Italia. Dunque perché avviene ciò? La pianura padana è un vasto accumulo di sedimenti alluvionali: sotto i nostri piedi sono sepolti gli antichi letti fluviali di Po, Panaro e Secchia. Nei sedimenti sabbiosi più recenti, quindi non ancora cementati, presenti in molte aree della Bassa emiliana, la resistenza del terreno è data dal solo attrito tra i granuli di cui essi sono costituiti. Se, poi, la sabbia è immersa nella falda acquifera, un intenso e prolungato scuotimento del terreno dovuto al passaggio delle onde sismiche provoca l’aumento della pressione dell’acqua contenuta nei pori, annullando così la resistenza tra i granuli. Il sedimento assume un comportamento analogo a quello di un fluido viscoso: perde all’improvviso la sua capacità portante e collassa, “schizzando” in superficie da ogni scappatoia possibile. Il tutto in tempi brevissimi (anche pochi minuti). L’entità dei danni provocati agli edifici, compresi quelli costruiti secondo la normativa antisismica, da questo bizzarro fenomeno è immaginabile: dai cedimenti parziali, fino allo sprofondamento o ribaltamento tali da renderli irrecuperabili. Passato lo sgomento, facciamo tesoro di quanto osservato e rimbocchiamoci le maniche per provvedere, in futuro, alla mitigazione di questo rischio, a partire dall’individuazione delle aree più vulnerabili ed edificando di conseguenza.
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