La sanità provinciale modenese traballa. Il direttore dell’azienda Giuseppe Caroli è dimissionario e al momento il vuoto dirigenziale è talmente evidente da lasciare basiti. Non che la politica sia messa meglio. Il teatrino degli orrori cui la stampa ha assistito lo scorso 4 aprile è stato a dir poco imbarazzante. Come anche alcuni consiglieri comunali presenti all’incontro hanno sottolineato, i giornalisti sono stati “trattati non come invitati, ma come ospiti indesiderati”. Ma non è certo questo il punto. Il punto è che una politica che disattende le esigenze dei cittadini per difendere se stessa, è una politica autoreferenziale della quale non sappiamo che farcene. Stringersi le mani e complimentarsi del lavoro svolto, mentre il Ramazzini versa in uno stato ormai comatoso, è ridicolo. Siamo stufi di promesse, vogliamo fatti. E chiarezza. Perchè mentre ci diciamo quanto siamo bravi, i reparti vengono depotenziati sotto i nostri occhi, medici eccellenti se ne vanno laddove possono operare in condizioni decorose, macchinari – frutto di generose donazioni – restano a languire, lavorando al minimo delle loro potenzialità e le liste d’attesa si allungano sempre più. Mettere delle toppe non è più sufficiente. Il vestito ormai è talmente logoro che la trama si strappa. Non tiene più. Dopo anni di spese pazze e scriteriate, la direzione sanitaria provinciale deve assumersi le proprie responsabilità. Non vogliamo una cattedrale come quella di Baggiovara e i suoi 20 milioni di debito sul groppone, vogliamo che la città esiga una struttura ospedaliera degna di reggere il carico per il bene della collettività. La costruzione di un ospedale nuovo a capitale misto (pubblico-privato) è uno scenario che deve essere preso in considerazione prima che il Ramazzini collassi del tutto. E se l’imprenditoria carpigiana non è pronta a raccogliere la sfida, allora che si individuino almeno alcuni poli di eccellenza del nostro ospedale e si lavori su quelli, potenziandoli al massimo, snellendo la burocrazia, dando gambe a progetti bloccati da anni, per accendere qualche luce – anche a livello internazionale – sulla sanità locale e costringere così, nel tempo, la politica di casa nostra a non abbandonarsi – come peraltro già sta facendo – alla rassegnazione. Perchè con animo rassegnato non si vince nessuna partita. E quella sulla sanità è una partita che non possiamo più permetterci di perdere.
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