Gli allarmanti numeri della crisi

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Inutile raccontarsi favole: la crisi non è finita. Al contrario, continua a mordere duro e a mietere “vittime” anche in città. Il Rapporto annuale dell’Osservatorio diocesano sulle povertà traccia una fotografia a dir poco impietosa. “Ci vuole della crosta per non farsi prendere dall’angoscia, nell’ascoltare le persone che si rivolgono a noi”, ci racconta la presidente di Porta Aperta Carpi, Maria Luisa Bignardi. La crisi economica infatti, sempre più spesso, si traduce anche in una “ben più complessa da curare, ovvero quella valoriale, relazionale. A fronte di miserie inenarrabili, offrire un po’ di fiducia diventa davvero difficile”. A diventare povere, sono famiglie che, fino a ieri, conducevano vite modeste ma dignitose. “Famiglie – continua Bignardi – che oggi sono letteralmente scivolate nella miseria e che, per senso del pudore, si vergognano nel chiedere aiuto. La situazione è grave e mortificante”. I numeri poi, sono a dir poco spaventosi e, ricordiamolo, non rappresentano che la punta dell’iceberg.

“Sono circa 900 le famiglie che si sono rivolte a noi nel 2011 – commenta Alessandro Gibertoni del Centro d’Ascolto Porta Aperta Carpi – un dato pressoché stazionario da tre anni a questa parte. A preoccupare invece sono gli incrementi registrati da altri due indicatori: il numero dei colloqui sale da 4.044 (del 2010) a 4.304, con una media giornaliera di 22 ascolti nei 195 giorni di apertura del centro mentre i pacchi viveri passano invece da 7.877 a 8.387 (attualmente le famiglie assistite dai programmi alimentari sono 758). Due numeri che, dal 1988 (anno di apertura del centro) ad oggi, non avevano mai registrato punte tanto alte”. E non pensiamo che siano solo gli stranieri i più colpiti dalla crisi: “gli italiani che si rivolgono a noi rappresentano ormai il 30% del totale”. Molto numerosa la compagine campana: 32 degli 84 nuclei complessivi. Il lavoro resta, per molti, una ferita aperta: “delle 350 persone che per la prima volta hanno varcato la soglia del centro d’ascolto, ben 280 sono alla ricerca di un’occupazione e solo il 5% delle famiglie può vantare un contratto a tempo indeterminato.

Un dato che parla chiaro: la crisi non molla”, continua Gibertoni. E, nel cercare di far incontrare domanda e offerta, si assiste a un’altra anomalia che rende ancor più difficile il reinserimento nel mercato del lavoro: “le poche offerte di lavoro che abbiamo – sottolinea Bignardi – riguardano personale altamente qualificato, mentre la maggioranza dei disoccupati (perlopiù italiani e magrebini) ha profili a bassissima specializzazione”. Un altro dato però allarma e riguarda l’età di chi si rivolge a Porta Aperta: “è emerso uno spostamento verso la fascia over 45 (+8 negli storici e +6 nei nuovi arrivi) risultato delle tante espulsioni dal mondo del lavoro, dell’esaurimento delle risorse risparmiate, del carico di oneri che attanagliano le famiglie sempre più in difficoltà”, conclude Alessandro Gibertoni.

Accanto al lavoro di Porta Aperta, si somma poi, quello prezioso delle Parrocchie, ha aggiunto Stefano Facchini, direttore della Caritas. “Le parrocchie della Diocesi che hanno attivato una Caritas parrocchiale stanno assistendo ben 650 famiglie, attraverso sostegni economici, aiuti alimentari e visite a domicilio. Segno che in questo momento difficile per tutti, si sta cercando di fare rete, di stringerci gli uni agli altri”. E la speranza, davvero condivisibile, cui ha anelato Facchini, è che da questa crisi si esca tutti cambiati, nell’animo. “Dobbiamo imparare tutti a fare con meno, a riorientare i consumi a vivere vite più sobrie e sostenibili”. Per scelta. Non per necessità.

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