La parola ai medici

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Abbiamo chiesto ad alcuni medici che operano all’interno dell’ospedale di Carpi, se considerano fattibile l’ipotesi della nascita di una Fondazione pro Ramazzini. Nonostante le parole prudenti, nessuno di loro ne nega l’utilità, al contrario fanno fronte comune nel dire che il nosocomio necessita di un aiuto.

“Sicuramente qualche differenza tra l’Ospedale di Carpi completamente pubblico e quello di Sassuolo, pubblico/privato esiste, anche a livello di finanziamenti. Ciò non toglie – commenta il dottor Carlo Di Donato, primario di Medicina – che a Carpi vi sia da decenni una attitudine da parte di soggetti privati e penso al cavalier Molinari in primis, a sostenere economicamente con donazioni il nostro ospedale. Di solito il donatore privato preferisce però che risulti bene evidente il suo impegno personale, per cui non so se una Fondazione, in cui chiaramente le donazioni dei singoli si fonderebbero in un unico “pool” sarebbe interessante per i donatori stessi: certo potrebbe suscitare uno spirito di emulazione “contagioso” ma la chiave di volta del successo di tale iniziativa starebbe, a mio avviso, nell’identificazione di quello che lei definisce “organo super partes” che, francamente faccio fatica a immaginare. Ci sarebbe poi il problema del coordinamento con la programmazione Aziendale, che pure non vedo semplice. Tuttavia credo sia un’ipotesi meritevole di approfondimento”.

“L”idea – gli fa eco il primario di Neurologia, dottor Gabriele Greco – potrebbe essere percorribile anche per Carpi, stando sempre attenti al mix di protagonisti, ovvero imprenditori, istituzioni, privati… Credo occorra pensarci con attenzione”.

“La proposta è bella – ammette il primario di Oncologia, dottor Fabrizio Artioli – ma la vedo difficilmente realizzabile. La sanità carpigiana ha storicamente una realtà di volontariato estremamente articolata – che Sassuolo non ha – ma, spesso, parcellizzata, che diventa difficile immaginare una Fondazione per l’Ospedale a Carpi. Una realtà del genere la vedrei bene nel creare e gestire una struttura tipo Hospice, che però l’Ausl, al momento, non vuole. Una Fondazione è una questione complessa e tutti avremmo auspicato che fosse stata Anna Molinari a farla in memoria di suo padre e tutti le avremmo dato una mano; so che ci sta pensando, ma al momento non è all’orizzonte. Il discorso è complesso, ma interessante”. “Non c’è dubbio che se ci riesce Sassuolo può riuscirci – volendolo – anche Carpi”, commenta il dottor Giampaolo Papi, Titolare Modulo D1S di Diagnosi e Terapia delle Patologie Tiroidee.

Entusiasta dell’idea il dottor Giorgio Guidetti, direttore del Servizio di Audio-Vestibologia e Rieducazione Vestibolare: “Oggi cozziamo contro un muro di gomma che blocca ogni tipo di iniziativa e di progetti. Quello di Carpi è un ospedale importante e credo sia fondamentale supportarlo poichè ad oggi vi sono problemi enormi. Nei miei due anni di permanenza non ho notato alcun miglioramento voluto dall’alto bensì tentativi da parte delle persone che sono qui di fare tutto il possibile per rimediare alle carenze esistenti. Vi sono persone, come ad esempio la stilista Molinari, che cercano di esercitare delle pressioni politico-amministrative per tentare di smuovere qualcosa: è evidente che sul territorio vi sia la volontà diffusa di lavorare per il bene del Ramazzini. La costituzione di una fondazione sarebbe un’operazione giusta e doverosa e sarei il primo a supportarla. Un organo al di sopra delle parti diventa fondamentale se le scelte politiche dell’azienda non ci supportano e non ci proteggono.

Se la direzione generale continuerà ad affossare la qualità delle prestazioni di Carpi a favore di altri centri, il rischio è quello di trasformare l’ospedale in un dispensatore di prestazioni di routine e di basso livello e tutto ciò è inaccettabile. Una fondazione che si occupi di mantenere alta la qualità della sanità locale, magari in un’ottica di Area Nord – Carpi e Mirandola – potrebbe aiutarci ad andar lontano e a diventare centri di eccellenza”.

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