C’era un volta una lettera che recitava: “Caro Bambino, felicitazioni per il tuo arrivo. E’ il presidente del Consiglio che ti scrive per porti probabilmente anche la prima domanda della tua vita: lo sai che la nuova legge Finanziaria ti assegna un bonus da mille euro? I tuoi genitori potranno riscuoterlo presso l’Ufficio postale. Un grosso bacio”. Firmato Silvio Berlusconi. Correva l’anno 2005, quando circa 600mila famiglie italiane – baciate dall’arrivo di un cicogna – furono informate della possibilità del bonus bebè. Nel Paese dominato dalla burocrazia per antonomasia, riscuotere il bonus fu un gioco da ragazzi. Bastava presentarsi davanti a uno sportello dell’Ufficio Postale, con la lettera ricevuta e compilare un’autocertificazione per dire che si rispettavano i due requisiti previsti dalla Finanziaria, ovvero un reddito inferiore ai 50mila euro e la nazionalità italiana – e i mille euro promessi, come per magia, diventavano realtà. Troppo semplice. Qualcuno avrebbe dovuto insospettirsi… Il “regalo” del Governo infatti, tanto inatteso quanto gradito, a distanza di sei anni, si è rivelato per molti un crudele boomerang, come due lettrici di Tempo ci avevano segnalato già la scorsa settimana. Questa volta infatti, ad arrivare, non è stata la cicogna nè, tanto meno, due righe di felicitazioni firmate dal pugno del Premier, bensì una lettera, dai toni ben più minatori, del Ministero delle Finanze, in cui si richiede la restituzione dei mille euro e il pagamento di una sanzione. A distanza di anni infatti, la direzione centrale dei Servizi del Tesoro ha chiesto all’Agenzia delle Entrate di verificare le autocertificazioni che le famiglie avevano presentato al momento di incassare il bonus, per rintracciare così eventuali irregolarità. Oggi i genitori, qualora fosse accertata dal Fisco un’indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato, rischiano multe che vanno dai 5 ai 25mila euro. Una panacea per le casse statali… una rovina per le tasche di famiglie sempre più impoverite dalla crisi economica. Ottomila le lettere di contestazione già spedite che, sicuramente, in parte, giungeranno sin qui, alla Corte dei Pio, dove per ingenuità qualcuno è caduto nel sottile gioco del Governo. Quale? Ogni nucleo doveva confermare di non superare i 50mila euro di reddito complessivo, ma il modulo non specificava se la cifra doveva essere considerata al lordo o al netto. Una insignificante dimenticanza che ha scatenato il caos. Coloro che hanno scelto di dichiarare il reddito netto, oggi, si vedono recapitare a casa il salato conto. Il consiglio? Prima di chiedere un finanziamento per pagare la multa, rivolgetevi alle associazioni dei consumatori. La Lega Consumatori infatti – che ha già raccolto centinaia di segnalazioni – chiederà al Ministro del Tesoro di sospendere le ammende, poiché l’errore non è stato dei cittadini, ma dallo Stato. Ne vedremo delle belle.
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