Pakistana uccisa: la figlia è ancora in coma

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“Madre e figlia erano alleate – precisa il procuratore aggiunto di Modena, Lucia Musti, che coordina le indagini dei carabinieri – e si può parlare in questo caso anche di omicidio culturale perché all’aspetto della violenza in famiglia si è sommato quello delle tradizioni che può aver
motivato il delitto. La vittima non voleva che la figlia avesse una relazione infelice come quella che lei stessa era stata costretta a vivere. Al momento stiamo considerando in maniera unificata l’azione di padre e figlio contro le due donne di casa”. I due sono in arresto e ieri sera si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. La procura sembra quindi intenzionata ad attribuire loro in concorso l’accusa di omicidio e tentato omicidio.
“Nella società multietnica le donne si ambientano e si adeguano più in fretta della componente maschile in un nuovo contesto sociale – ha aggiunto la Musti – e patiscono di più la
rigidità ai cambiamenti che può caratterizzare gli uomini”.
I carabinieri della compagnia di Carpi stanno intanto ricostruendo quanto è accaduto nel tragico pomeriggio di Novi.
Dalle prime ricostruzioni risulterebbe che Khan Butt abbia prima spinto a terra la moglie e poi l’abbia colpita infierendo su di lei con un mattone (trovato poco distante) una volta che la
discussione era degenerata. E negli stessi istanti il figlio ha aggredito a sprangate sua sorella. Quando i carabinieri sono arrivati sul posto, era stata avviata da poco la lavatrice in casa per cercare di pulire i vestiti sporchi di sangue di almeno uno dei due uomini.
La famiglia Butt – a quanto risulta – non aveva problemi economici e poteva contare tanto sul salario dell’omicida, di professione saldatore, quanto su quello del figlio Khan, operaio
in una stireria. Al momento del delitto e del ferimento della giovane nel cortile gli altri tre figli della coppia, due ragazzi e una ragazza tra i 14 e i 17 anni, erano fuori casa.
Ora i tre minorenni sono stati affidati a una struttura di assistenza.

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