Un inverno mite figlio del Global Warming

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C’è un mostro che si aggira per il pianeta. Un mostro che non risparmia nessuno, tantomeno l’Europa e la piccola Italia. Il riscaldamento globale. I gas climalteranti che l’uomo immette in troposfera a causa dell’uso massivo dei combustibili fossili si trasformano in una coperta chimica che impedisce al calore, normalmente emesso dalla superficie terrestre, di disperdersi nello spazio. La conseguenza è una progressiva crescita delle anomalie termiche planetarie. 

L’Europa è uno dei continenti più colpiti dal Global Warming, e l’Italia nell’ultimo secolo ha visto una crescita delle temperature sino a 1°C sopra le medie climatologiche. E così anche l’inverno appena concluso è stato per la nostra regione e la nostra città mite. 

Rare le nevicate in pianura e di scarso rilievo: a Modena si sono accumulati al massimo 5 cm in tutta la stagione fredda, contro una media storica di circa 30 cm. Di contro il mese di dicembre e di gennaio sono stati molto piovosi, a causa di un flusso perturbato nord-atlantico basso che ha più volte interessato il Mediterraneo centrale. Ecco perché il nostro Appennino ha fatto registrare accumuli nevosi davvero rilevanti, anche se spesso compromessi da repentini rialzi termici. Non possiamo dimenticare l’ennesimo episodio alluvionale, questa volta del fiume Panaro, dovuto proprio a una rapida fusione della copiosa neve appenninica.

Di contro i mesi di febbraio e marzo sono stati molto secchi, trasformando radicalmente lo scenario meteo dal surplus pluviometrico alla siccità. La porta atlantica si è chiusa, ovvero le perturbazioni oceaniche non sono più riuscite a giungere sull’Italia, sostituite da anticicloni subtropicali o da irruzioni fredde ma secche di origine artica. Nell’era del Global Warming questi mutamenti barici radicali e improvvisi sono la regola. 

L’Emilia centro-orientale non riceve adeguate piogge da quasi due mesi, anche se può ancora contare su falde acquifere ben fornite dalle grandi piogge autunnali e dicembrine. Tra l’altro marzo è stato investito in modo anomalo da molti giorni ventosi, sia di provenienza nord-occidentale (föhn), sia di provenienza nord-orientale (bora): venti per loro natura secchi e buoni solo per ripulire l’aria dagli inquinanti. Ci avviciniamo al semestre caldo. L’epoca delle inversioni termiche è terminata. Questo significa che non avremo più sforamenti di polveri sottili, grazie alla maggiore capacità di rimescolamento dell’aria nella bassa troposfera. Servono però le grandi piogge primaverili per evitare un’estate torrida ed estrema, come quella del 2003, quando si venne da una primavera molto siccitosa. 

Aldo Meschiari 

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