Ci vuole più coraggio

Agli esperti della task force nominati a giugno dal Comune di Carpi era stato chiesto di produrre “un’analisi del contesto socio economico accompagnata dall’enunciazione di alcune possibili linee di indirizzo per le scelte da assumere in futuro”. L’ascolto è l’atteggiamento che ha scelto di avere l’amministrazione comunale ma non basta, come metodo d’analisi, per capire in che direzione andare.

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Ci hanno provato.  Delineare le prospettive del distretto a partire dal tessile abbigliamento rappresentava già di per sé una sfida impossibile. Agli esperti della task force nominati a giugno dal Comune di Carpi era stato chiesto di produrre “un’analisi del contesto socio economico accompagnata dall’enunciazione di alcune possibili linee di indirizzo per le scelte da assumere in futuro”, che è stata presentata in occasione della seduta del Consiglio comunale di giovedì 28 gennaio.

Ad ancorarci al passato non è solo l’immagine scelta per la copertina. È inutile continuare a volgere lo sguardo al posto che il distretto di Carpi ha sempre avuto nella letteratura economica e nelle ricerche empiriche ed è pressoché superfluo ribadire l’importanza dell’industria della moda a livello nazionale. Dagli anni Ottanta, il calo rilevato in termini di addetti e unità locali nel distretto della moda carpigiano è proseguito ininterrotto e l’industria della moda oggi è una delle più colpite dal covid con una flessione del fatturato tra il 29% e il 25% in base alle indicazioni contenute anche nel volume di Progetto Carpi. Non basta più fare delle maglie ma non tutti coloro che hanno fatto fortuna facendo delle maglie negli anni Ottanta sono stati in grado di investire per cambiare (“perché cambiare? Abbiamo sempre fatto così, fino ad ora le cose sono andate bene”).

C’è una visione strategica che sappia andare oltre il business tradizionale anche adottando nuovi percorsi per generare innovazione? C’è una disponibilità a sinergie con altre imprese? C’è una valorizzazione della propria componente lavoro?

Nel volume di Progetto Carpi, che ha dovuto tenere insieme economia e comunità, non c’è la risposta a queste domande e non sono dettagliati gli incontri degli esperti con imprenditori e manager: a quale classe appartengono le imprese carpigiane? (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-direttorio/int-dir-2018/Rossi_22112018.pdf perché la pandemia darà il ‘colpo di grazia’ definitivo a diverse imprese della prima classe citata da Salvatore Rossi. Gli interventi governativi di sostegno ne prolungheranno solo l’agonia e non potranno essere destinati alla terza classe, quella delle aziende con del potenziale.

Nel testo presentato dalla task force gli esperti invitano a “investimenti in conoscenza” per un “ecosistema della formazione superiore e dell’innovazione”; ribadiscono l’importanza dei cambiamenti dettati da scelte ispirate a sostenibilità e digitalizzazione; esaltano il ruolo della creatività.

Fra le azioni concrete individuate: il rafforzamento degli Istituti scolastici e delle sedi già presenti a cui si aggiunge la prossima attivazione del corso di laurea di ingegneria presso l’ex Consorzio agrario di Carpi; la partecipazione a fiere internazionali e il potenziamento di Moda Makers; l’aumento delle dimensioni medie delle aziende anche attraverso aggregazioni; mostre nei locali restaurati del Torrione degli Spagnoli; un luogo fisico nel centro della città, ad esempio nei locali del mercato coperto, dove le start up siano stimolate a pensare prodotti e servizi che cambiano Carpi; un Brand Carpi come identità collettiva.

L’ascolto è l’atteggiamento che ha scelto di avere l’amministrazione comunale ma non basta, come metodo d’analisi, per capire in che direzione andare. Anche alla cieca, senza sapere quale sarà il futuro, pur di evitare, nella definizione dell’iconografia simbolica del Brand Carpi, elementi tratti dalla tradizione, come la figura dell’incettatrice, per esempio.

Sara Gelli

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