Ripensare i servizi per gli anziani nell’era post covid

“E’ necessario fare un salto importante mettendo al centro le persone, i territori, la connessione per far in modo che la cura sia sulle spalle di tanti” spiega Loredana Ligabue, esperta di welfare e da anni in Anziani e non solo.

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Se si parla di anziani e si tratta di elaborare riflessioni per tradurle in progettualità affinché gli enti locali possano concretizzarle in servizi è anche grazie al lavoro fatto in questi dieci anni dalla cooperativa Anziani e non solo se si sono fatti passi importanti.

La mappatura dei fragili elaborata nel post terremoto, nell’ambito della rassegna Caregiver Day ha consentito, in occasione dell’epidemia di coronavirus, di mantenere un contatto telefonico con i 3mila cittadini ultra 75enni residenti e costretti in isolamento forzato.

La legge nazionale per il riconoscimento del lavoro di cura è frutto di una sollecitazione che da Anziani e non solo è approdata a livello regionale e poi ha superato i confini dell’Emilia Romagna.

La riflessione con cui il commissario per l’emergenza regionale Sergio Venturi ha terminato il suo mandato non è sfuggita. “Una delle cose che reputo più urgenti da fare nella fase post Covid è ripensare i servizi per gli anziani. C’è necessità di tenerli nelle case – ha detto Venturi – perché lì non si sono ammalati. Significa immaginare dei condomini-residenza, dove ci sono portinerie sociali, medici, infermieri, psicologi e operatori”. Gli anziani, ha spiegato ancora il commissario, “devono stare in una casa e se la chiamiamo protetta dobbiamo cambiare. Quelle che rimangono dovranno avere un accreditamento regionale, questo è quello che penso”.

“Sostenere il caregiver, cioè chi si prende cura di un familiare fragile, anziano o disabile, è fondamentale nel futuro ma quello che è accaduto durante l’epidemia non deve indurre a ribaltare tutto sulle spalle delle famiglie in una logica che contrappone la residenzialità alla domiciliarità perché non sono antitetiche. Nonostante tutto quello che è stato fatto, il modello di welfare a cui ancora oggi si fa riferimento risale agli Anni Ottanta E’ necessario fare un salto importante mettendo al centro le persone, i territori, la connessione per far in modo che la cura sia sulle spalle di tanti” spiega Loredana Ligabue, esperta di welfare e da anni in Anziani e non solo.

E la riflessione è condivisa dal sindaco Alberto Bellelli per il quale, “un tempo chi entrava in struttura varcava la soglia coi suoi piedi in ottimo stato di salute oggi ci si arriva dopo anni di cure al domicilio o un periodo in lungodegenza all’interno della struttura ospedaliera. Oggi, anche l’emergenza covid, ha rilevato la necessità di strutture intermedie con un numero limitato di ospiti evitando grandi concentrazioni; strumenti più flessibili che possano alleviare il peso dei caregiver e dare loro sollievo”. Nell’orizzonte prospettato da Venturi è probabile che siano da rivedere anche i criteri del sistema di accreditamento e le modalità di compartecipazione delle famiglie tenendo conto dell’evoluzione del mondo socio-sanitario di questi quarant’anni.

Sara Gelli

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