Contapasseggeri per i bus e piste ciclabili: la rivoluzione della mobilità dopo il Covid

Il rischio è quello di un uso massiccio dell’ auto privata concepita come una protezione rispetto alla possibilità di contagio ma il trasporto pubblico cambierà garantendo la distanza di sicurezza. “Bisogna cioè modificare le nostre città e le nostre strade per fare in modo che siano pensate per le persone e non per le autovetture” spiega Andrea Burzacchini, amministratore unico di aMo, agenzia per la mobilità di Modena.

0
1126

Il rischio è quello di un uso massiccio dell’auto privata concepita come una protezione rispetto alla possibilità di contagio ma il trasporto pubblico cambierà garantendo la distanza di sicurezza. “Bisogna cioè modificare le nostre città e le nostre strade per fare in modo che siano pensate per le persone e non per le autovetture” spiega Andrea Burzacchini, amministratore unico di aMo, Agenzia per la Mobilità di Modena.

Burzacchini, qual è la sua più grande preoccupazione?

“Il rischio è quello di concepire oggi l’auto privata come una protezione rispetto alla possibilità di contagio e ridurre il trasporto pubblico a un servizio per chi l’auto privata non ce l’ha. Già prima della crisi del coronavirus il trasporto pubblico nelle nostre città è vissuto diversamente dal resto d’Europa e rischia di godere di una cattiva reputazione presso l’opinione pubblica. Dopo i passi avanti fatti negli ultimi anni sul fronte della mobilità sostenibile la mia più grande preoccupazione è quella che si possa tornare indietro. Il ricorso massiccio all’auto privata tra l’altro provocherebbe un’ulteriore aggravamento del problema dell’inquinamento dell’aria”.

Come deve cambiare il trasporto pubblico per garantire la sicurezza a chi lo usa?

“Il trasporto pubblico sarà costretto ad adattarsi al Social Distancing, la distanza di almeno un metro e mezzo che oggi non può essere garantita in particolare su alcune linee e negli orari di punta. Sarà necessario pensare a modifiche dei mezzi stessi, degli orari, dell’utilizzo dei mezzi. Si dovrà forse pensare a dei conta-persone o ad accessi scaglionati, nonché a tutte le modifiche infrastrutturali e organizzative che dovranno essere pensate. E’ un terreno del tutto nuovo su cui agenzie, gestori, enti locali, Regione e Stato devono lavorare assieme. Ma sono convinto che si debba pensare soprattutto a una riforma della mobilità nella sua interezza. Bisogna cioè modificare le nostre città e le nostre strade per fare in modo che siano pensate per le persone e non per le autovetture. Ora più che mai bisogna andare in quella direzione”.

In tutto questo la bicicletta che ruolo avrà?

“Avrà un ruolo la bicicletta così come i piedi: dovremo rendere estremamente attraente muoversi in città nei due modi più sostenibili. Le distanze lo permettono nelle nostre città. Eppure nelle città della provincia di Modena chi si muove usa l’auto (70%) piuttosto che i piedi (10%) o la bici (10%) o i mezzi pubblici (10%). Questa percentuale deve essere invertita: gli spostamenti in auto non devono essere superiori al 35%. Per raggiungere l’obiettivo bisogna pensare le strade in modo diverso, aperte per tutti: bisogna fare in modo che le piste ciclabili siano sulla carreggiata e non sui marciapiedi, bisogna pensare a soluzioni strutturali come le case avanzate, cioè far in modo che i ciclisti ai semafori possano stare davanti alle auto che devono avere come limite massimo di velocità i 30 all’ora. Si tratta di misure estremamente economiche per le amministrazioni comunali. Negli Anni Novanta si sono costruite ciclabili con cordoli e muretti, fin sopra i marciapiedi, estremamente pericolose e, nonostante le apparenze, non così sicure mentre la strada continua ad essere quasi esclusiva per le auto”.

Servono nuove infrastrutture?

“La questione infrastrutturale è forse meno rilevante rispetto a quella di tipo organizzativo. Dal punto di vista infrastrutturale bisognerà investire sulle cosiddette superstrade ciclabili ad alta velocità che possono unire diversi comuni: ben presto comincerà a essere più diffuso l’uso delle biciclette a pedalata assistita con cui saranno praticabili anche distanze più lunghe intorno a 15-20 km, distanze quindi che permettono il collegamento tra diversi centri della nostra provincia”.

Sara Gelli