E’ dal mondo di Pietro Benati (1854 -1927), protagonista del libro Una storia scritto e pubblicato dal pronipote Mirco Benati, che noi tutti veniamo, anche se spesso ce ne dimentichiamo.
Infatti, se esiste una storia davvero “nostra”, è quella del mondo contadino dell’Ottocento. Un mondo rimosso dalla civiltà industriale, ma che da esso deriva; e in seguito dimenticato da quella post-industriale e post-moderna che stiamo vivendo ora. L’Italia di Pietro Benati, descritta molto bene dall’autore, era prevalentemente agricola, fatta di contadini che sudavano tutto l’anno nei campi sotto padrone e non potevano permettersi il lusso di andare a scuola, perché come dice Giuseppe (detto Pepino), il padre di Pietro Benati, nel libro “Per lavureer la teera ag vol la sàpa, mia la pèna, e questi chè– mostrando le mani ruvide e callose- i van druvédi per purteer a cà da magneer, eter che lèber”.
Mirco Benati ci racconta la Carpi contadina del Risorgimento attraverso le piccole gioie quotidiane che riscaldavano le grandi famiglie di una volta come i racconti attorno al camino, ma anche le grandi sofferenze di un’epoca segnata dalla povertà, da malattie allora mortali come la tubercolosi e la polmonite e dalle rigide regole del patriarcato.
“Del mio bisnonno Pietro Benati – racconta l’autore nonché pronipote Mirco Benati – fino a un paio di anni fa non sapevo nulla. E’ stata la curiosità, quella voglia di saperne di più che dicono arrivi insieme ai capelli grigi, a farmelo riscoprire; protagonista importante e silenzioso di un passato ormai remoto. Ho cominciato a scavare e, più approfondivo le mie ricerche scoprendo nomi, date e avvenimenti, più provavo simpatia, quasi affetto per quest’uomo segnato nel fisico e nella mente da una vita lunga e tribolata. Tuttavia non riuscivo a cominciare a scrivere. Poi, un giorno, l’ho sentito come se fosse presente dietro di me e mi stesse guardando. An te preocuper – mi ha detto sorridendo – adèsa a t’aiot mè. Da quel momento è diventato tutto più semplice. Era lui a raccontarmi la sua vita: io l’ascoltavo e scrivevo”. Nel libro, infatti, è lo stesso Pietro Benati, sul letto di morte, a raccontarci la sua storia ripercorrendo a ritroso tutti gli episodi salienti della sua vita. Una vita durata 73 anni, fatta di gravi perdite come la morte della madre quando aveva solo 9 anni, della sorella Virginia e della prima moglie Fortunata, oltre che dei figli Emilia e Celso. Una vita sullo sfondo della guerra, con i figli maschi chiamati alle armi, il primogenito destinato a diventare il capofamiglia e le donne che non osavano reclamare nulla per loro e rischiavano la morte a ogni parto. Una vita pressoché impossibile da concepire oggi, ma che fa parte della nostra storia. Alla fine del libro colpiscono le fotografie in bianco e nero di alcuni dei protagonisti narrati e dei documenti originali dell’epoca. “Ho scoperto abitudini del passato che non conoscevo, come l’usanza a Natale di far bruciare un grosso ceppo di legno nel camino. Prima che arrivasse la tradizione dell’abete da addobbare, qualche giorno prima della vigilia, il capofamiglia andava a cercare il ceppo di legno più bello e grande, lo lasciava asciugare e poi, la sera della vigilia lo faceva bruciare per tutta la notte nel camino, e tutti i membri della famiglia vi si riunivano attorno”.
Con questo racconto Mirco Benati ci consegna il ricordo di una Carpi contadina che merita di essere ricordata e, al suo interno, il ritratto di Pietro Benati diventa il ritratto di un’epoca e dei suoi protagonisti silenziosi, ma capaci di essere il cuore pulsante dell’umanità.
Il libro è stato pubblicato da Youcanprint ed è in vendita negli store Mondadori, Feltrinelli, Amazon, IBS e Libreria Universitaria. Nella versione digitale è venduto anche all’estero.
Chiara Sorrentino