La meglio sanità

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Tra i tanti episodi di solidarietà legati al sisma ve ne è uno che racconta di buona sanità. Li dividono una ventina di chilometri circa, a unirli sono invece anni di conoscenza e di lavoro nel medesimo campo, quello della cura dei tumori; anni nel corso dei quali è maturato un rapporto fatto di stima reciproca e amicizia. Fabrizio Artioli e Giovanni Partesotti – direttori delle oncologie dell’ Ospedale di Carpi e Mirandola il primo, e di Sassuolo il secondo – hanno anche un percorso professionale simile. “Abbiamo lavorato come internisti e soltanto dopo siamo divenuti oncologi – racconta Partesotti – per cui apparteniamo a quella vecchia scuola in grado di fare un po’ di tutto”. La nostra bella storia inizia, paradossalmente, con le scosse di quel maledetto martedì 29: quando il Ramazzini è collassato, il dottor Artioli ha avuto il problema di trovare un altro luogo per curare i suoi pazienti.

“Il Policlinico era provato dal terremoto e per Baggiovara, sarebbe stato difficile attrezzarsi per un’attività oncologica”. Per questo il primario dell’Area nord ha telefonato direttamente al suo collega di Sassuolo, con il quale collabora sin dalla fine degli Anni ’90. “La collaborazione e la disponibilità dimostrate da parte del Day Hospital oncologico di Sassuolo sono state fondamentali. Da parte di Partesotti c’è stato un sì immediato alla mia richiesta d’aiuto, ancor prima che ne venisse convalidata l’ufficialità da parte delle direzioni generali”. “Artioli – conferma Partesotti – mi ha contattato il giorno successivo alle scosse. Come nelle tende tanti medici di base nei luoghi del cratere si sono organizzati immediatamente per visitare, così abbiamo fatto noi”. Da quel momento vige una sola parola d’ordine: rapidità. “Abbiamo dovuto cercare di dilatare gli spazi del nostro Day Hospital – continua il primario di Sassuolo – nel più breve tempo possibile”. Ed è così che è stato posizionato un letto in più in ogni camera, passando da sei a nove posti; le poltrone motorizzate per la chemioterapia sono aumentate da sei a otto; in una delle due sale d’attesa sono state montate sei ulteriori poltrone a rotelle regolabili, mentre nell’altra dei tavolini hanno creato una piccola mensa interna con otto posti, creando una ‘nuova’ sala d’attesa nell’atrio, tra il reparto e quello di Psichiatria. La capacità di posti letto è così salita da 12 a 23.

“Se si considera che alcune terapie possono essere anche molto brevi – continua Partesotti – si capisce come su quelle postazioni potessero avvicendarsi anche quattro persone al giorno. Va detto poi che senza il contributo di Carpi non ce l’avremmo fatta”. Dal Ramazzini sono arrivati infatti la caposala, due medici e altrettanti infermieri dalle 6.30 del mattino, sostituiti da altri cinque colleghi nel pomeriggio. “La velocità con la quale siamo riusciti a realizzare il tutto è incredibile, praticamente dal mezzogiorno alla sera. In poche ore abbiamo potuto acquistare una grossa cappa aspirante per la preparazione di farmaci usufruendo di un fondo nazionale straordinario”. Approntati i locali, le squadre di Carpi, Sassuolo e Mirandola hanno accolto i pazienti, molti dei quali già duramente provati dalle scosse. “Inizialmente alcuni di loro avevano timore di salire al terzo piano dov’è situata l’Oncologia – spiega la responsabile del Day Hospital di Mirandola, dottoressa Paola Nasuti – e quando finivano i trattamenti, la sera, facevano ritorno a casa. In questo è stato fondamentale l’aiuto delle associazioni di volontariato: l’Amo che ha accompagnato con i pulmini i malati e Per vincere domani che ha subito messo a disposizione il suo ufficio all’interno del Reparto di Sassuolo per allestire delle postazioni operative”.

La settimana prima del sisma al Nuovo Ospedale Civile si registravano 166 accessi la settimana, per una presenza media giornaliera di 33 persone; dal 29 in avanti tutto si sposta su Sassuolo: 287 gli accessi nelle due settimane più intensi e 55 pazienti al giorno di medi. “Già alle 6.30 del mattino – continua Partesotti – avevamo dalle 50 alle 60 persone ad aspettare di iniziare gli esami, i cui risultati arrivavano dalle 10.30 in poi, finendo alla sera verso le 20. Il flusso è migliorato quando a Carpi ha riaperto un centro prelievi all’interno di una tenda e abbiamo potuto spalmare le analisi”. Ma come è stata possibile questa ‘impresa’? “Ammetto che questa efficienza, in un paese come l’Italia, lascia quasi increduli. Ciò che è avvenuto – dichiara Artioli – è stato davvero drammatico e inaspettato, mettendo a dura prova tutte le strutture. La solidarietà degli operatori del volontariato è la chiave di volta per affrontare situazioni di questo tipo, così come la rete oncologica provinciale e nazionale, che sono state fondamentali”. Insomma, a premiare, oltre al grande sforzo di tutti gli operatori coinvolti, è stato il lavoro svolto negli anni, che ha fatto sì che, nel momento della prova del fuoco, il congegno potesse funzionare senza intoppi.

“Le cose hanno funzionato – ribadisce Partesotti – perché c’era già una rete, altrimenti una risposta a una situazione di questo tipo non la si inventa da un giorno all’altro. Già da anni ci confrontiamo con l’Oncologia di Carpi, scambiandoci informazioni, partecipando ogni anno a riunioni comuni, nel corso delle quali medici e infermieri si ritrovano insieme per discutere metodiche di lavoro e casi clinici”. L’emergenza ha anche fatto comprendere alcune necessità fondamentali. “Per prima cosa – chiosa Artioli – occorre avere dei numeri di emergenza ai quali i pazienti possono rivolgersi. Servono immediati punti di riferimento per i malati: soltanto nei primi tre giorni abbiamo ricevuto 450 telefonate, tant’è vero che abbiamo messo a disposizione un secondo numero h 24. Poi occorre indicare un luogo fisico dove la gente possa recarsi: grazie al volontariato abbiamo acquistato una roulotte, spostando tutte le 4mila cartelle cliniche all’interno di un container”.

Al Ramazzini l’oncologia dovrebbe ripartire a fine mese, e sei pazienti di Mirandola resteranno da quel momento a Carpi per altre tre settimane circa, poi, anche nella Città dei Pico sarà messa a disposizione una nuova struttura. Le ultime parole sono pronunciate da un’emozionata Nasuti. “Che dire dei colleghi di Sassuolo? Sono stati meravigliosi, di una disponibilità commovente. Si possono aprire le porte in tanti modi, ma in questo caso abbiamo avuto un’accoglienza vera, bella e sincera. Ci hanno fatto sentire a casa”. In questi giorni si sente spesso ripetere che il terremoto ha fatto emergere il meglio e il peggio delle persone. In questo caso, per fortuna, si è trattato del lato migliore di una sanità che riserva anche belle sorprese.