Lega Nord: “bando alla timidezza”

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Se c’è una caratteristica che va riconosciuta ad Argio Alboresi, coordinatore della Lega Nord per le Terre d’Argine, è la franchezza; il dire chiaro e tondo, senza troppi giri di parole quel che pensa. Il suo parlare ‘pane e pane e vino al vino’ se l’è portato dietro al congresso del Carroccio, svoltosi ad Assago lo scorso 30 giugno. Dal palco del forum, Alboresi (che milita in Lega da anni, tanto da essere stato tra i fondatori, insieme a Roberto Terzi, della sezione di Carpi, nel 1989) ha parlato senza mezzi termini: “gli errori si pagano e l’ex segretario Umberto Bossi ha compiuto prima di tutto degli errori politici. Per questo bisogna avere il coraggio di estrometterlo”.

Anche chi non milita nella Lega potrà intuire la portata di tale dichiarazione. Lanciare una bordata simile contro il nume tutelare del partito, chiedere di far scendere dal piedistallo quello che per il movimento non è solo un leader, bensì una vera e propria icona, e farlo dal placo del congresso del partito da lui fondato, avrebbe fatto tremare le vene ai polsi a più di una persona. Ma non al carpigiano Argio. A congresso avvenuto, però, il bilancio non è quello che il coordinatore avrebbe desiderato: “c’è stata troppa timidezza. Sono deluso perché è mancata la volontà di allontanare il personaggio, quasi lo si sia voluto graziare. Eleggere Bossi presidente a vita, suona, alle orecchie dei militanti, come un perdono”.

Certo, di bossiani di ferro nella Lega ce ne sono ancora tanti e ‘uccidere il padre’ non sarebbe stato semplice. “Si doveva avere coraggio, rischiare la scissione pur di dare all’elettorato un messaggio di rinnovamento”. Ma qual è stato l’errore politico principale dell’ex segretario? “Doveva uscire dal governo Berlusconi quando c’è stato lo strappo di Fini. Bisognava prendere atto dell’impossibilità di realizzare gli obiettivi per i quali avevamo stipulato l’alleanza con il Pdl. Chiamandocene fuori, avremmo avuto la coscienza a posto, invece restando insieme a Berlusconi, la Lega ha dato l’impressione di galleggiare nella bonaccia e di questo la gente si è stufata”. Ora, pur in una situazione in cui la Lega, dopo i ripetuti scandali venuti alla luce, deve ‘ripartire da zero’, riconquistando la fiducia frustrata di tanti simpatizzanti, per Alboresi gli obiettivi restano quelli di sempre: fermare l’entrata delle merci prodotte a costi – e quindi vendute a prezzi – stracciati, porre un freno all’immigrazione irregolare e far diventare il federalismo, in primis quello fiscale, una realtà concreta.

“Abbiamo realizzato qualcosa, ma tutto in forma molto annacquata. Inaccettabile, tanto più che in Parlamento avevamo una maggioranza esagerata. Il progetto resta giusto, perché è indispensabile che le tasse rimangano sul posto e che le persone imparino ad autogestirsi, come avviene in Svizzera, smettendola di delegare per poi disinteressarsi. Confesso però di essere un po’ scettico, perché il movimento, per avere un futuro, dovrà trovare la forza di rinnovarsi radicalmente dalle fondamenta”. In sintesi, la diagnosi di Alboresi è che si è iniziato a intraprendere la giusta strada ma che, a oggi, i passi compiuti sono insufficienti. E questo in tutti gli ambiti, compreso quello locale: “dare alle Regioni autonomia decisionale sulle alleanze per le Amministrative, così come recita il nuovo statuto, è un provvedimento positivo, ma si doveva estendere questa libertà anche più in basso, a livello provinciale e di circoscrizione, perché non si può essere guidati dal direttivo regionale, che non sempre è consapevole della situazione del territorio”. Un momento complesso per il partito della Padania, ma Alboresi, che ha la pelle dura ed è abituato a combattere battaglie difficili, di demordere non ha alcuna intenzione.

Come Alberto da Giussano, il mitico cavaliere che con le sue gesta eroiche si distinse nella battaglia di Legnano e nume tutelare del Carroccio, i Leghisti della prima ora amano le sfide ‘impossibili’.