Rinnovabili: l’Italia fa marcia indietro?

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“A Carpi sono a rischio diverse decine di posti di lavoro e qualche milione di euro di investimenti già programmati tra pubblico e privato”: anche il sindaco Enrico Campedelli è intervenuto sulla questione del fotovoltaico depositando un ordine del giorno in cui denuncia come il decreto sulla promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili in realtà sia “la pietra tombale del settore”. I nodi principali del decreto legislativo di prossima approvazione del Governo riguardano il sistema degli incentivi oltre alla questione legata all’installazione dei pannelli sui terreni agricoli: si è definita la data del 31 maggio per fermare l’attuale quota di ‘aiuti’. Un taglio che inciderà sul provvedimento definito ad agosto 2010 del Conto Energia che offriva la possibilità di accedere agli incentivi fino al 31 dicembre 2013. Sui terreni agricoli sarà possibile produrre al massimo 1 megawatt di energia e utilizzare per gli impianti non più del 10% del terreno coltivabile. A fare il punto per il settimanale Tempo è *b*Riccardo Cavicchioli+b+ di Energetica Srl, l’ azienda con sede in via Lucania a Carpi, in grado di offrire la realizzazione chiavi in mano di impianti fotovoltaici, dalla progettazione all’installazione.
*b*L’Italia fa marcia indietro sulle rinnovabili? +b+
“Scontiamo oggi un peccato originale: l’Italia non ha maturato, quando era il momento, un proprio piano energetico sulle rinnovabili, in applicazione della direttiva europea 28, che gli stati membri hanno recepito e interpretato come grande opportunità di lavoro per le proprie aziende e per lo sviluppo del Paese con una filosofia legata all’ambiente. Purtroppo per noi, anche in questo settore, la Germania è risultata la prima della classe, andando a definire regole chiare di medio periodo che hanno permesso all’industria tedesca di svilupparsi e competere sul mercato internazionale con una posizione dominante. Il nostro Paese, come spesso capita, si è mosso in ritardo, in maniera improvvisata e non si è dato delle regole di medio periodo. Non ha nemmeno la capacità di dare certezze sulle leggi in vigore, intervenendo con continue modifiche in corsa danneggiando gli investimenti delle aziende che non hanno la sicurezza che quello che vale oggi, varrà anche domani. Nonostante ciò, nel solo triennio 2008/2010, il mercato fotovoltaico in Italia ha raggiunto una quota di potenza installata fino a prima impensabile e questo grazie all’intraprendenza delle aziende italiane che hanno dato pronta risposta alla crescente sensibilità dei cittadini nei confonti dell’ambiente”.
*b*Il sistema degli incentivi non ha funzionato?++b+
“Gli incentivi devono essere regolamentati dallo Stato con la logica di mantenere un giusto equilibrio tra il costo dell’impianto e l’incentivo percepito. Nel Conto Energia non si è sufficientemente valorizzato l’incentivo da autoconsumo rispetto a quello destinato a chi, invece, produceva energia da rinnovabili per rivenderla. Gestire lo scambio sul posto risulta piuttosto semplice: l’energia la utilizza direttamente chi la produce. Produrre invece energia con lo scopo di rivenderla, presuppone che il sistema si debba infrastrutturare: come è possibile ad esempio utilizzare al Nord, maggiormente industrializzato, l’energia prodotta dai grandi impianti realizzati nel Sud del Paese? Senza scelte precise calate nella realtà del nostro Paese, si è fomentata la forte speculazione nel settore vista nella seconda metà del 2010, con enormi impianti a terra installati per conto di grandi investitori stranieri. Il legislatore non ha previsto nemmeno di tarare gli incentivi rispetto alle fasce geografiche: al Sud rientrano dall’investimento quattro anni prima che al Nord”.
*b*Il decreto però non rivede gli incentivi: li taglia! +b+
“Il rischio è che per rimediare a tutta una serie di errori si tagli in modo indiscriminato. Un taglio orizzontale che metterebbe in ginocchio l’intero settore, indicato fino a ieri come volano di sviluppo. L’emanazione delle nuove regole del Conto Energia potrebbe essere l’occasione per fare chiarezza una volta per tutte, ma ancora una volta non si capisce dove si voglia andare a parare. Speriamo almeno che gli infausti eventi nipponici impongano al legislatore una profonda riflessione sul nucleare a tutto vantaggio delle rinnovabili, in modo tale che gli incentivi, seppur rivisti, conservino un valore tale da consentire all’investitore di ottenere un rientro sull’impianto fotovoltaico entro la soglia dei 10 anni (attualmente siamo sui 7/8 anni)”.
*b*Quanto pesa l’incentivo sulla bolletta degli italiani?+b+
“Non corrisponde a verità che gli incentivi pesano in modo insopportabile sulla bolletta: siamo a poco più di 3 euro a bolletta (bimestrale), mentre in Germania, dove si è costruita una vera politica industriale sull’energia rinnovabile, sono oltre i 4 euro”.
*b*E’ possibile che il Governo pensi di far posto agli incentivi per il nucleare?+b+
“Noi paghiamo ancora in bolletta i costi per lo smaltimento delle scorie dell’abbozzo di nucleare sperimentato anni fa in Italia. Si tratta sempre di una questione di programmazione per i prossimi trent’anni: a bocce ferme cerchiamo di capire dove siamo e dove vogliamo andare. Quello che sta succedendo in Giappone non favorisce di certo il ‘partito del nucleare’ che si è ripresentato sullo scenario nazionale. Finora non ho sentito argomentazioni tali da convincermi del fatto che sia economicamente sostenibile: dove sta la convenienza? I problemi della sicurezza, dello smaltimento delle scorie radioattive, dei rischi nel controllo del territorio e dell’approvigionamento dell’uranio che, come il gas e il petrolio, non abbiamo sul territorio nazionale, costituiscono un enorme punto interrogativo. I sostenitori del nucleare ripetono che l’Italia ha un costo energetico troppo elevato rispetto agli altri partner europei. Ma su quale tipologia di azienda hanno fatto i calcoli? Sulle fonderie di ghisa? Il tessuto industriale italiano è per la maggior parte composto da piccole e medie imprese per le quali la bolletta energetica non è il primo dei problemi in fatto di competitività tra “sistemi paese”. Se l’obiettivo è quello di ridurre i costi di produzione, allora interveniamo riducendo le imposte e alleggerendo fortemente la burocrazia come nel resto della UE, piuttusto che avventurarci in un progetto nucleare all’evidenza di tutti costoso e rischioso”.