Carlo Sini – La filosofia è l’avvocato della vita

0
760

Il cavaliere, la morte e il diavolo. E’ con l’immagine di questa incisione di Albrecht Dürer che il professore di Filosofia teoretica presso l’Università di Milano, Carlo Sini, inizia la sua lezione, dal tema: I nomi e le cose – L’epopea dimenticata. “Husserl – spiega Sini – scorgeva nel cavaliere fiero e sprezzante del pericolo che, chiuso nella sua corazza, precedeva senza timore, incurante del diavolo e della morte, il cammino della fenomenologia”. Oggi come allora, sostiene il professore, la filosofia – per vedere le cose con sguardo puro – deve evitare di cadere in due tentazioni: “l’oblio del linguaggio (la morte) e la sopravvalutazione delle parole (il diavolo)”. Secondo Sini infatti, il segno mai coincide con le cose, “le parole non sono cose”. Il linguaggio è piuttosto un automa, il primo grande artificio costruito dall’uomo. “E’ un’eredità. Ciascuno di noi è parlato dal linguaggio, vero e proprio pacemaker del pensiero. Quel che manca è la consapevolezza che parole e cose sono inscritte insieme nella storia”. Per Carlo Sini la filosofia non è né scienza né poesia: “essa deve procedere, come il cavaliere, con coraggio, verso la cosa stessa”. Le parole hanno senso ora, ma sono sempre postume. Posticce. “Non tutto può esser detto in ogni tempo”, sentenzia Sini. Ecco allora che per giungere alle cose, al sapere dei segni, occorre esser consci che la nostra mentalità presente, non è eterna, unica o universalmente vera, bensì un prodotto, transitorio, come tutti gli altri. Nietzsche si era reso conto di questo fatto, quando nel 2° aforisma di Umano troppo umano parla di un filosofare cieco. Cieco perché ignora che la storia dell’umanità è ben più lunga di quella che i loro occhi possono vedere. Dimenticare quella che Emanuel Anati chiama la grande epopea della vicenda umana su questa terra, equivale a dimenticare l’uomo. Equivale a dimenticare tutto ciò che hanno sofferto, amato, conquistato, perduto gli esseri umani in una vicenda che ha delle figure che si ripetono in una sorta di labirinto eterno. “Dobbiamo recuperare la storia, quella di tutti – continua Sini – nella consapevolezza che abbiamo un rapporto vivente coi segni del passato. La cosa cammina la parola. Le parole fan transitare le cose sin dove possono, poi nasce l’esigenza di creare parole nuove, perchè queste non bastano mai”. L’epopea è, secondo Sini, la sostanza di ogni cosa. “La verità assoluta è nel transito, nell’abbandono dei saperi superstiziosi. La filosofia è l’avvocato della vita, direbbe Nietzsche, il ricordo della vita che è transitata, transita e transiterà. Ridar voce all’epopea dimenticata, al sapere dei segni, significa anche non cadere nelle illusioni scientistiche di tanti nostri contemporanei, che credono con un paio di molecole, di avere risolto questioni che attengono l’umano”. Una stoccata alla scienza che il pubblico, con un applauso a scena aperta, ha dimostrato di gradire.
Jessica Bianchi