Cosa hanno a che spartire le Olimpiadi e gli eccentrici aristocratici britannici? Apparentemente nulla, se non per il fatto che, come molte delle cose che a questo mondo appaiono certe a prima vista, in realtà sono molto più legate di quanto possa sembrare. A spiegarlo è stato il corrispondente della Rai da Londra, Antonio Caprarica, intervistato dal caporedattore di Radio Bruno, Pierluigi Senatore. “Lo sport come lo intendiamo oggi nasce a metà dell’Ottocento nelle grandi Public School inglesi – ha spiegato l’autore di Oro, argento e birra – che, a dispetto del nome, sono gli istituti privati che hanno formato la classe dirigente di un’isola che possedeva uno dei più grandi imperi mai visti. Qui lo sport era considerato uno strumento indispensabile per la formazione del carattere di chi sarebbe andato a dirigere uno stato tanto potente”. D’altra parte, al Barone de Couberin l’idea delle Olimpiadi venne proprio alla vista di un villaggio inglese in cui il medico organizzava ogni anno competizioni sportive, e il tennis lo praticava già con molta passione Enrico VIII, quando non era impegnato a giocare a bocce con Anna Bolena. Anche il nostro Pietro Verri invitava, d’altronde, a prendere esempio dagli inglesi, “che quando non sono impegnati a conquistare imperi, praticano sport”. Secondo Caprarica insomma, per quanto noi moderni europei continentali possiamo trovare strana, anacronistica e ridicola l’affezione dei sudditi britannici per Her Majesty (la Regina) e, più in generale, per la monarchia, dovremmo iniziare a riconoscere come in realtà , “con tutte le sue eccentricità, l’aristocrazia britannica ha espresso un modello di classe dirigente che noi neppure ci sogniamo. Chi preferiremmo come amministratore, il Duca di Devonshire o Er Batman? Credo che dovremmo mutuare dagli inglesi la loro competitività che premia i migliori, il rispetto per la propria storia e memoria, così come la gelosa tutela delle libertà personali”. Ma da dove deriva questa eccellenza della classe dirigente britannica rispetto a quella del nostro Paese? “Quando visitai la magione del Duca di Devonshire trovai, nella sua biblioteca, un libro del 1810 dal titolo Come si forma una classe dirigente. Ebbene: mentre in Inghilterra si rifletteva su tali argomenti, non solo l’Italia era ben lungi dall’essere uno stato unitario, ma neppure esisteva una classe dirigente regionale degna di questo nome. Se gli scandali nei quali sono coinvolti molti dei nostri politici contribuiscono a renderli, agli occhi di molti, figure spregevoli e grottesche, al contempo la Regina Elisabetta è stato l’unico capo di stato che ha accettato di prendersi bonariamente in giro durante la cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi 2012. “Mentre le volgari carnevalate di qualche nostro ex premier facevano ridere da matti gli inglesi, ma per ben altri motivi”. E’ in questa sottile differenza, eleganza e, diciamolo, classe, che si misura tutta la distanza tra il nostro Stivale e un’isola dove, pur essendo formalmente sudditi, si è più cittadini che in un’Italia che, a parole, garantisce tutti i diritti ma, nei fatti, ripetutamente calpesta.
Marcello Marchesini