A Parigi per un progetto di architettura

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Parigi è considerata la città dell’amore per eccellenza, ma è anche una capitale dell’arte, nonchè una metropoli in cui si fondono architettura classica e moderna. E proprio nell’ambiente creativo e stimolante della capitale francese è atterrata circa un mese fa la 26enne carpigiana Giulia Setti che, dopo aver conseguito la Laurea Magistrale in Architettura al Politecnico di Milano, sta terminando il suo biennio di dottorato in Progettazione Architettonica e Urbana con un progetto sulla rigenerazione degli edifici e dei tessuti industriali dismessi. “Durante il primo anno di dottorato – ci racconta Giulia – ho partecipato a un workshop a Reggio Calabria. Due settimane di progettazione con docenti e tutor sulla tematica della riqualificazione del porto di Gioia Tauro. In quell’occasione ho conosciuto il professor Laurent Salomon, docente presso l’Ècole Nationale d’Architecture Paris Belleville, che mi ha proposto di collaborare con lui per un importante progetto e così, quando nel febbraio di quest’anno è uscito un bando Erasmus per dottorandi che offriva una borsa di ricerca all’estero, ho cercato tra le università convenzionate e vi ho trovato anche Belleville. Dopo aver contattato il professor Salomon e averne parlato con la mia relatrice, la professoressa Ilaria Valente, ho deciso di fare domanda, e con mia grande soddisfazione, ho vinto il bando. Salomon è da anni impegnato nel progetto Aubervilliers, un’area a nord di Parigi interessata da frequenti processi di dismissione industriale fin dagli Anni Ottanta e attualmente protagonista di una nuova fase di industrializzazione. Pertanto ho deciso di andare a studiare il fenomeno sul campo, inserendolo come argomento principale del mio progetto di ricerca. Gli edifici industriali dismessi sono stabilimenti che hanno dovuto interrompere la produzione per diversi motivi, tra i quali la crisi del settore o il trasferimento in altre sedi, lasciando nel tessuto della città degli “scheletri” che segnano profondamente lo spazio abitato, e su cui la ricerca in architettura sta cercando di dare risposte. Ci si domanda infatti se sia più opportuno demolirli, oppure conservarli adibendoli a nuove funzioni. Nello specifico, l’obiettivo della mia tesi è cercare di capire se le sedi di queste ex industrie possano essere mantenute e riconvertite per il bene dell’area urbana su cui sorgono, in particolare pensando a nuove forme di produzione industriale “leggera”, tra cui centri di ricerca e laboratori di start up di nuove imprese”. Pur avendo una conoscenza scolastica delle lingue inglese e francese, Giulia non nega di aver incontrato alcune difficoltà a inserirsi nel nuovo contesto. “Non è stato facile ambientarmi, poiché i parigini in generale non sono molto socievoli e, pur avendo studiato francese a scuola e aver fatto un corso di potenziamento prima di partire, comprendere ciò che dicono è spesso difficile. Vivo in uno studentato cattolico, organizzato in maniera piuttosto libera riguardo agli orari, ma la cucina e il bagno sono in comune con gli altri studenti alloggiati. I primi giorni non è stato facile condividere le due stanze con persone mai viste prima, ma dopo poco tempo mi ci sono abituata, e non è poi così male. La mia giornata tipo si divide tra corsi di formazione e il lavoro in laboratorio con il professor Salomon e gli altri studenti. Tra le prime differenze che emergono rispetto al nostro sistema universitario, vi è il fatto che i corsi sono organizzati per contenere un numero non troppo elevato di studenti, in modo da garantire che ciascuno venga seguito e aiutato nel migliore dei modi dagli insegnanti. I docenti sono molto più giovani dei professori universitari italiani e per quanto riguarda l’organizzazione, l’Italia è davvero indietro rispetto alla Francia”. Sul fronte della crisi, Giulia non avverte la presenza di un forte disagio, e anche i giovani sembrano avere ancora buone opportunità di inserimento nel contesto lavorativo. “Da quello che ho ascoltato e percepito in queste settimane, qui la situazione relativa all’occupazione giovanile non è affatto grave come nel nostro Paese. Terminati gli studi, i giovani non hanno particolari difficoltà a trovare il lavoro per il quale hanno studiato e questo senza dover passare da uno stage non retribuito all’altro, per mesi o persino anni come accade sovente da noi. A Parigi i giovani sono molto indipendenti, si emancipano presto dalla famiglia d’origine e si mantengono da soli senza dover chiedere aiuti ai genitori”. Tra 5 mesi Giulia tornerà in Italia per concludere la sua carriera di dottorato e per il suo futuro, lascia aperte più possibilità: “vorrei rimanere nell’ambito universitario italiano, magari vincendo un concorso da ricercatore, anche se si tratta di un sogno quasi impossibile da noi. Mi piace molto lavorare nel campo della ricerca, però se mi offrissero un lavoro interessante a Parigi forse accetterei. Mi piacerebbe anche avere l’opportunità di lavorare parallelamente in ambito accademico e all’interno di uno studio, per poter crescere in entrambi i campi”.
Chiara Sorrentino