Il 21 novembre, alle 9.40, un nostro collega ha subito uno spiacevole “equivoco”. Rino Filippin, giornalista de La Gazzetta di Carpi, ha avuto la sventurata idea di salire sulla Cenerentola delle linee ferroviarie, la Carpi-Modena, per recarsi in redazione nella Città della Ghirlandina. “E’ arrivato un treno con due sole carrozze piene di gente all’inverosimile – racconta Filippin – e, mentre salivo i gradini con un’amica, ho detto ad alta voce che era uno scandalo e, nonostante la settimana prima ci fosse stata la manifestazione dei pendolari non era cambiato nulla e che, una volta giunto in Redazione, avrei scritto l’ennesimo articolo al riguardo”. Sentendolo, il capotreno, piuttosto irritato, gli ha intimato di fermarsi e mostrargli documenti e biglietti. “Mostrandogli il mio abbonamento, gli ho chiesto come mai avesse deciso di fermare proprio me, dal momento che stavano salendo sul treno decine di persone ma lui ha fatto finta di niente e, vedendo la macchina fotografica che avevo al collo, si è raccomandato di non scattare foto. A quel punto pensavo fosse finita lì e invece”… Dopo il consueto viaggio della speranza, ad attenderlo alla stazione di Modena, c’erano infatti due agenti della Polizia Ferroviaria. “Scendendo ho visto il capotreno indicarmi alla Polfer che mi ha immediatamente avvicinato, chiedendomi di mostrare un documento d’identità e il numero della mia tessera d’iscrizione all’ordine dei giornalisti. Nonostante non avessi commesso alcun reato, sono stato identificato. Credo che essere trattato in questo modo sia davvero eccessivo”. Un episodio che lascia l’amaro in bocca, in quanto calpesta il diritto di ciascuno a esprimere, seppure liberamente e con la dovuta calma, la propria opinione personale.
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