Sciopero in sala parto

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Sale parto chiuse per sciopero. E’ successo martedì 12 febbraio: ginecologi e ostetriche degli ospedali pubblici e privati, per un totale di 15mila professionisti, hanno incrociato le braccia in occasione del loro primo sciopero nazionale. La mobilitazione ha interessato anche il Reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Carpi dove sono state sospese le attività programmate a livello chirurgico (parti indotti e cesarei) e ambulatoriali (per esempio le ecografie) mentre tutte le emergenze sono state garantite dal personale di guardia. Una protesta clamorosa per richiamare l’attenzione su due questioni: i tagli che “stanno mettendo in ginocchio la sanità” e l’esplosione dei contenziosi medico-legali che rendono ormai impossibile per i medici lavorare “in serenità”.
“Il livello dei contenziosi è oggi tale – sottolinea il primario di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Carpi, Paolo Accorsi – che il medico non agisce più con serenità: è diventato diffidente e applica ormai la medicina difensiva”, con un eccesso di esami che costa al Servizio Sanitario “circa 12-15 miliardi l’anno”. A fronte però di migliaia di denunce annue contro i ginecologi e gli altri operatori, precisa, “il 98% dei procedimenti è archiviato senza alcuna condanna”.
“Oggi tutti sono risentiti con tutto – afferma il dottor Accorsi – e si assiste a una spinta verso il penale che rischia di mandare in tilt il sistema. Chiediamo una maggiore ragionevolezza perché, a oggi, le Ausl non trovano compagnie assicuratrici disposte a rischiare senza certezze normative”.
E si arriva così al paradosso perché i ginecologi hanno paura di entrare in sala parto a causa della mancata tutela assicurativa, poiché gli ospedali non garantiscono più tale copertura. Ma per un ginecologo “pagare di tasca propria polizze assicurative di oltre 6mila euro l’anno è insostenibile”.
Un problema, il contenzioso medico-legale, dinanzi al quale Accorsi boccia anche il recente Decreto Balduzzi, che “contempla alcune norme sulla responsabilità professionale” ma “non ha offerto soluzioni”.
Insomma, la situazione è “esplosiva”, è la denuncia.
Sara Gelli