Chi pensa che lo sport sia in grado di tirare fuori il meglio dalle persone forse non ha tutti i torti. Se il calcio delle star è travolto da uno scandalo dopo l’altro, in questi giorni a Carpi c’è una piccola storia che, come tutte le cose semplici, qualcosa sul significato reale del ‘giocare a pallone’ la racconta. Ogni pomeriggio nella tendopoli spontanea formatasi nel prato alle spalle del Centro sociale Graziosi, in via Sigonio, alle cinque spaccate iniziano gli allenamenti della Scuola calcio di Paolo Zironi. “Siamo accampati qui da martedì 29 – racconta Paolo, cappello calato sul capo per ripararsi dal sole e immancabile fischietto d’ordinanza al collo – e ho notato diversi ragazzini che giocavano in piccoli gruppi separati. Dal momento che da un anno sono diventato allenatore di una squadra di giovani alla Sanmarinese realizzando un sogno personale, ho pensato di proporre ai bambini che sono qui di fare ogni giorno un allenamento di un’ora e mezza circa con esercizi tecnici, corsa e, naturalmente, la partitella finale”. I gestori del campo della giovanile del Carpi Calcio, poco distante, hanno gentilmente prestato un paio di palloni, casacche e birilli, mentre ad aiutarlo sono Lorenzo e Lyla, volontari dell’Azione cattolica. Ad accorrere una decina di bambini di età differenti e Dunya e Yesra, due ragazze che scalpitano per giocare, dal momento che non si sentono certo da meno dei loro compagni maschi. Altro dato non secondario, a giocare insieme sono bambini di età e nazionalità diverse. Dai fratelli Samuele e Filippo Cipolli, italiani di 12 e 7 anni, ai loro compagni di squadra Amsa Yunus, nato 10 anni fa a Modena, ma la cui famiglia proviene dal Marocco, così come quella del giovanissimo fratello di Dunya che, ad appena 7 anni, dimostra un talento che lascia presagire un futuro da bomber. Una maniera per stare insieme, socializzare e soprattutto non pensare in ogni momento alla terra che trema e potrebbe continuare a farlo chissà per quanto. “Vengo qui tutti i giorni perché è un bel modo di passare il tempo – racconta Federico Caffieri, 12 anni e un sorriso sornione – e ho anche conosciuto dei nuovi amici”. Zironi, prima di essere allenatore, ha fatto tante altre cose. A tradire il fatto che sia tuttora consigliere comunale sono le domande che pone ai ragazzi, al posto del classico testa o croce, per assegnare la palla. “Cosa abbiamo festeggiato il 2 giugno? Chi è il nostro Presidente della Repubblica?”. “Oggi – conclude prima di dedicarsi con una serietà che gli fa onore ed è una grossa mano a questi bambini all’allenamento – gli chiederò una cosa un po’ diversa: qual è il significato della parola solidarietà”. Quello che sta avvenendo sull’erba scottata dal sole di questo campo di terremotati, verrebbe da rispondere.
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