Il mestiere di magistrato

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“Nel giro di un paio di giorni un PM può, se decide che sia rilevante ai fini delle proprie indagini, venire a sapere tutto delle nostre vite. Ed è proprio per il potere che i magistrati inquirenti hanno, che per fare questo mestiere si richiedono, oltre a una grande passione, anche maturità ed equilibrio”. E’ con queste parole, pronunciate lo scorso 30 ottobre davanti al pubblico dell’Auditorium Loria di Carpi, che il giornalista de Il Sole 24 Ore e direttore di Radio 24, Lionello Mancini, ha spiegato il cuore del suo L’onere della toga, il libro che restituisce, attraverso il racconto di cinque diverse indagini, uno spaccato della vita e del lavoro di altrettanti pubblici ministeri. Cinque di quei 2.000 che, su un totale di 9.000 magistrati, operano attualmente nel nostro Paese. Il cronista ha dialogato con il procuratore aggiunto di Modena, Lucia Musti – una delle storie del suo libro – in occasione del primo incontro della quarta edizione di Ne vale la pena, la rassegna di appuntamenti condotti dal giornalista Pierluigi Senatore e promossi da Radio Bruno, Comune di Carpi, Fondazione Cassa di Risparmio, Fondazione Casa del Volontariato, Libreria Mondadori, Cna e Rock No War. Una normalità dunque, quella del ‘perfetto magistrato’, che sa molto di eccezionalità, in un Paese in cui troppo spesso compiere il proprio dovere sembra un gesto eroico: “siamo uno dei tre poteri dello Stato – ha commentato la Musti – ma non per questo siamo una casta. Percepiamo un buono stipendio, certo, ma lavoriamo senza orari, la notte, il sabato e la domenica, quando un’indagine lo richiede. Spesso la nostra vita privata è messa in primo piano, soprattutto nel caso di inchieste che attirano l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica e questo si ripercuote su di noi”. La Musti ne sa qualcosa, essendosi trovata a indagare sul rapimento di Tommaso Onofri, il bambino di Casalbaroncolo rapito e ucciso a soli 18 mesi, sulle infiltrazioni del Clan dei Casalesi in Provincia di Modena e, ancora, sui cosiddetti Bambini di Satana, il primo caso di indagine sul satanismo in Italia. “A volte è complesso spiegare un lavoro come il nostro, e la nostra indipendenza può dar fastidio a qualcuno – continua – ma è una garanzia di imparzialità. Io non voglio essere gradita alle persone, ma spero di essere capita”. Per quel che riguarda poi l’accusa di essere ostile, come categoria, a qualsiasi riforma, Musti risponde con fermezza: “personalmente sono contraria a una riforma come quella delle intercettazioni perché parte da presupposti sbagliati ed è fatta con malafede; l’amnistia e l’indulto non rappresentano una riforma, bensì un modo per metter fine a un problema che non viene però affatto risolto. Servirebbero piuttosto una riduzione delle pene e un aumento delle sanzioni pecuniarie. Oltre a ciò, il vero problema è che non ci sono concorsi pubblici da 14 anni: da quando sono a Modena, il personale è diminuito di un terzo”. Anche Mancini, sul tema delle tensioni tra politica e Magistratura, non ha dubbi: “ma quale scontro? Da 20 anni abbiamo un’intera classe politica che attacca un ordine costituzionale che indaga legittimamente sulle sue malefatte. Bisogna però riconoscere che i PM malati di protagonismo – i quali utilizzano le proprie indagini come trampolino di lancio o godono di privilegi ai quali non avrebbero diritto – esistono e, meglio farebbero, a cambiar mestiere”. Il prossimo appuntamento di Ne vale la pena è martedì 12 novembre, alle 21, sempre all’Auditorium Loria: lo scrittore Paolo Nori parlerà di due suoi libri: La banda del formaggio e il saggio Mo mama. Da chi vogliamo essere governati.
Marcello Marchesini