Ora basta!

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Dopo il terremoto, a sconvolgere la Provincia di Modena, ora è l’alluvione. Ancora in piena emergenza post sisma, la nostra terra è stata travolta dalla forza distruttrice dell’acqua e il placido Secchia ha rivelato il suo volto più oscuro. In molti hanno gridato alla tragedia annunciata: non stupisce – ma indigna – in un Paese martoriato da continui dissesti idrogeologici e mai messo dovutamente in sicurezza. Alla scarsa manutenzione degli argini, di competenza dell’Aipo, e alle piogge copiose, secondo la Cia di Modena, Confederazione italiana Agricoltori, a dare il colpo di grazia sarebbe stata l’indiscriminata presenza di nutrie.  A contribuire alla rottura dell’argine del fiume, avvenuta domenica 20 gennaio, “crediamo sia stata la diffusa presenza di nutrie sul territorio che, con le loro tane, hanno compromesso gli argini. Un problema, questo, che segnaliamo da anni”. La Cia di Modena non usa mezzi termini e attribuisce le colpe dell’esondazione non solo alle precipitazioni bensì a un “ambientalismo talvolta troppo rigido che contribuisce a ostacolare i piani di cattura di questa specie non autoctona ed estremamente invasiva”.  Cristiano Fini, presidente della Cia di Modena segnala anche una scarsa manutenzione degli argini di fiumi come il Secchia e il Panaro che periodicamente sono soggetti a ondate di piene.  “Anche in questo caso l’ambientalismo esasperato contrasta operazioni che dovrebbero essere nella norma e che servono invece per consentire un regolare deflusso delle acque. Se a ciò aggiungiamo la forte antropizzazione e la costante erosione di terreni agricoli per dar spazio alle edificazioni – sottolinea – è chiaro che queste emergenze rischiano di manifestarsi sempre più spesso. Occorre incrementare la manutenzione del territorio con interventi straordinari per far fronte anche alle alterazioni climatiche e i relativi effetti sul territorio e auspichiamo che vengano presi provvedimenti concreti per eradicare una specie come la nutria che non è autoctona e quindi priva di predatori naturali”.
J.B.
 

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