Intendiamo raccontare una vicenda che, a nostro parere, ha dell’inverosimile.
Nella Quaresima 2011 Caritas diocesana, in collaborazione con l’associazione Porta Aperta, lanciava il progetto Mattone su mattone, finalizzato all’acquisto di due appartamenti. Da anni Caritas diocesana e Porta Aperta sollecitano tutta la comunità a una maggiore attenzione al tema della casa, in particolare per le fasce deboli della popolazione.
Porta Aperta ha gestito – nei 26 anni della sua attività – alcuni alloggi messi a disposizione da Diocesi, parrocchie e privati, inserendovi famiglie straniere e italiane. Il bisogno di case a prezzi accessibili è stato costante e crescente negli ultimi anni. Cronica è anche l’insufficienza di alloggi popolari, a giudicare dalle liste di attesa.
L’obiettivo dichiarato del progetto era quello di mettere i due appartamenti a disposizione di altrettante famiglie che fossero: senza alloggio, impossibilitate ad accedere alle case popolari, non in grado di accedere al normale mercato immobiliare.
Il progetto è andato in porto grazie al contributo di tanti e i due appartamenti sono stati acquistati e, poco dopo, concessi in comodato gratuito a due famiglie: una italiana e una straniera. Questa esperienza costituisce senza ombra di dubbio un esempio di abitare sociale (social housing), accanto alle case popolari, al co-housing (abitare condiviso), ai fondi di garanzia per l’affitto, all’autocostruzione… Nuove sperimentazioni e idee vengono sollecitate anche da leggi o proposte di legge, in Toscana come in Emilia Romagna, in Italia e in Europa.Questo progetto sociale, semplice e lineare, ha incontrato nell’Agenzia delle Entrate quello che a nostro parere è un esempio di “burocrazia che non guarda in faccia a nessuno”. Tentiamo di spiegare. A novembre 2013 ci siamo visti recapitare un “avviso di rettifica e liquidazione” che, sostanzialmente, ci imponeva una sanzione pecuniaria – e relative imposte – per una somma complessiva di 4.357,07 euro.
Quale la nostra colpa? L’aver acquistato un appartamento a un prezzo ritenuto troppo esiguo per quello che “deve” essere il prezzo di mercato secondo l’Agenzia delle Entrate. Innanzitutto viene da chiedersi dove stia il “mercato” se il prezzo minimo di compravendita è fissato, ex post, dallo Stato. Parliamo della compravendita di un immobile datato, in zona periferica, al quarto piano senza ascensore, con un garage che non potrebbe contenere neppure un’utilitaria…
Parliamo di una compravendita eseguita nel pieno e totale rispetto delle norme, fatta attraverso un’agenzia immobiliare, davanti a un notaio. Una compravendita che ha visto soddisfatta la parte venditrice, che aveva urgenza di vendere, e la nostra associazione, che intendeva concretizzare al più presto il progetto, inserendo una famiglia bisognosa nell’appartamento, acquistato a un prezzo ritenuto equo.
Il colloquio con l’Agenzia delle Entrate in seguito alla raccomandata ci ha lasciati stupefatti: erano a conoscenza di chi e cosa è Porta Aperta; erano a conoscenza del fatto che avevamo già dato avvio al progetto, inserendo nell’appartamento, con regolare contratto di comodato gratuito (che avevano davanti agli occhi), una famiglia di cinque persone; erano a conoscenza del fatto che le compravendite prese ad esempio nel loro avviso riguardavano immobili diversissimi dal nostro, pur rientrando nella medesima zona della città; erano a conoscenza del fatto che, nella stessa zona erano e sono presenti appartamenti che non si riesce a vendere all’asta per 15mila euro, a pochi metri da appartamenti che mantengono i normali prezzi di mercato; non veniva messa in discussione la piena regolarità della compravendita, regolare sotto tutti i punti di vista, ma esclusivamente il prezzo pagato per l’appartamento, ritenuto troppo basso…
Ci siamo rivolti a un avvocato per tentare quella che viene chiamata “istanza di mediazione”, grazie alla quale siamo riusciti a ridurre un poco la cifra, che poi abbiamo regolarmente pagato: 3.129,58 euro!
Non mettiamo ovviamente in dubbio che i funzionari abbiano fatto il loro lavoro, rispettando quanto previsto dalla “normativa vigente”. Crediamo semplicemente che atteggiamenti di questo tipo da parte del Fisco costituiscano un maldestro disincentivo ai progetti di “abitare sociale”, a fronte di un bisogno enorme di case a basso (nel nostro caso nullo) prezzo. Di tale necessità può essere chiesta ragione e prova ai Servizi Sociali del Comune, ai centri di ascolto delle parrocchie, alla Croce Rossa, a tutti coloro che incontrano quotidianamente famiglie in difficoltà, economica e non solo.
Di fronte a siffatta burocrazia, chi avrà ancora il coraggio di “osare” progetti di abitare sociale?
Concludiamo con una richiesta che intende essere anche una provocazione, se non una vera e propria autodenuncia. Nei giorni scorsi una persona si è presentata al Centro di ascolto per chiederci se eravamo interessati ad acquistare un appartamento, nella stessa zona e con le medesime caratteristiche dell’appartamento “multato”. Coloro che hanno ereditato questo appartamento sono disponibili, per motivi personali (che possono essere sia la fretta di realizzare qualcosa in tempi brevi ma anche la volontà di fare un gesto di altruismo) a cederlo per una cifra pari a circa la metà di quanto pagato due anni fa per l’appartamento di cui sopra. Cosa dovremmo o potremmo fare, secondo l’Agenzia delle Entrate? Quale dovrebbe essere il giusto prezzo da pagare? Perché, a questo punto, non è l’Agenzia a fissare i prezzi, comunicandoli a tutti: notai, agenzie immobiliari, venditori e compratori? In tal modo eviteremmo tutti brutte sorprese.
Associazione Porta Aperta