Ufff… che chèeld!

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Uff… è un’esclamazione che si pronuncia nel nostro dialetto, gonfiando più o meno le guance e sbuffando, con la quale si suole esprimere un senso di soffocamento per il caldo eccessivo.
E’ il caso proprio della nostra pianura padana, dove d’estate soffriamo giornate di caldo micidiale: senza un alito di vento e con un umidità che arriva al 100%. Un sofòogh (un soffoco) come ben descrive la situazione una parola del nostro efficace dialetto. A pèer d èeser in ‘na landa, sembra di essere in una terra ardente e desolata; lo stesso Guareschi, in un suo famoso incipit a Don Camillo, scriveva che siamo in una terra dove d’estate un sole spietato picchia martellate furibonde sui cervelli della gente, con tutte le conseguenze del caso. Il carpigiano accaldato pronuncerà con la consueta pungente ironia: A m suuda la lingua in bòcca! Mi suda la lingua in bocca.
Oggi per difendersi dal caldo ci chiudiamo in casa con i condizionatori, un certo numero di pensionati viene deportato nei freschissimi centri commerciali, oppure di sera si va in Piazzetta, nuovo punto vitalissimo di Carpi, dove per uno strano ma molto apprezzato gioco di correnti d’aria, dalle 22 in poi si sta veramente bene, se si ha l’avvertenza di sedersi in alcuni punti tattici. Filossi spontanei si creano ogni sera, utilizzando a cerchio le sedie grigio topo del Comune messe a disposizione dall’assessore Morelli. Sedie che, alla fine degli improvvisati convegni, vengono sempre sgombrate e diligentemente riposte. Ma una volta come si comportano i carpigiani per difendersi dal caldo? Le opportunità non erano tante e s’improvvisava coi pochissimi mezzi a disposizione. I ragazzi si arrangiavano come potevano e andavano a fare il bagno nella Lama (Lama River nel gergo giovanile di allora), dove il Comune offriva un minimo di attrezzatura e anche un bagnino (sono ancora note nella memoria i nomi epici di Turrini e Ardore). Si frequentava anche il Secchia o il laghetto (la bòtta) del Bacino della Bonifica a Quartirolo. In tutti questi luoghi, i maschietti improvvisavano prove di ardimento e gare di nuoto. Il Comune organizzava anche colonie estive al mare a Ponte Marano e in montagna, ma anche a San Martino Secchia funzionava un affollato centro elioterapico. Un nome altisonante, benefico e salutare, che ispirava rispetto solo a pronunciarlo anche se in realtà era ben poca cosa.  Tutte iniziative a cui il sindaco Bruno Losi teneva moltissimo, anche come contributo per allontanare lo spettro della TBC, che fino mezzo secolo fa non scherzava. Noi ragazzini andavano a giocare al Parco e lì c’era un barettino dove vendevano i Bif, i ghiaccioli. Se eri fortunato nel bastoncino potevi trovare una stella marroncina e ne vincevi un altro. I carpigiani la sera i tulivèen arsòor (prendevano respiro, sollievo), occupando le decine e decine di tavolini di ben quattro bar in piazza, che era onorata dal parcheggio delle auto e la rendevano viva. Infine nei miei ricordi ci sono i bellissimi dopo cena con la mia famiglia sempre al Parco, ma stavolta presso la famosa baracchina di cocomere della nota famiglia Bencivenni. Alla frescura serale, sotto le fronde, si univa una fetta di cocomero gelato: una delizia, un paradiso in terra. Il benessere economico, esploso agli all’inizio degli Anni ’60, ci consentiva anche questo piccolo lusso. Con poco si toccava la felicità.
Mauro D’Orazi

 

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