Le strade sono caotiche: il sovraffollamento di traffico automobilistico produce una quantità di incidenti direttamente proporzionale al numero di vetture e sulle strade ci trasformiamo in guerrieri che si urtano con le loro corazze per finire poi, quando va bene, in carrozzeria. Il tema della sicurezza stradale è diventato centrale e si è investito molto per rendere le vetture e le strade più sicure (ad esempio, ABS, controllo elettronico della stabilità, carrozzeria che assorbe l’urto anziché scaricarlo nell’abitacolo, cinture di sicurezza, airbag, seggiolini per bambini…) ma per la sicurezza delle biciclette resta ancora tanto da fare. Non a caso gli incidenti automobilistici sono complessivamente in calo ma quelli in cui rimangono coinvolti i ciclisti restano costanti: in Italia sono stati 289 i ciclisti morti nel 2012, più di 16mila i feriti in conseguenza di sinistri sulle strade con un costo umano, sociale ed economico incalcolabile.
Alla sicurezza dei ciclisti al buio è dedicata la tesi di laurea magistrale che la carpigiana Manuela Bellelli ha discusso nella seduta del 16 luglio scorso presso l’Università di Padova, conseguendo la laurea in Psicologia ambientale, nell’ambito del corso di laurea magistrale in Psicologia cognitiva applicata al termine dei due anni di studi.
“Si intitola L’utilizzo di materiali retroreflettenti nella prevenzione degli incidenti nei ciclisti e nasce da un’idea – spiega la neo dottoressa Bellelli – del professor Marco Costa di Bologna, esperto di Psicologia ambientale, di cui la Psicologia del traffico è una nicchia. Mi ha proposto l’argomento e la sperimentazione dei retroreflettenti sulle forcelle, mentre l’idea di testarli sulle pedivelle è stata mia”. Dopo i primi due anni di studi presso la Facoltà di Psicologia a Cesena, Manuela Bellelli ha conseguito la specializzazione post laurea con una tesina in Neurofisiologia dal titolo Deprivazione di sonno in relazione agli incidenti stradali e sul lavoro all’Università Cattolica di Milano dove è stato istituito un corso di Psicologia del traffico.
“E’ nato in quel periodo il desiderio di approfondire e continuare a studiare questo ambito di ricerca ancora così poco diffuso in Italia ma che ha come obiettivo la tutela della salute pubblica nell’ambito della circolazione stradale e il miglioramento della qualità della mobilità”.
Nel caso di incidenti stradali in cui le vittime sono i ciclisti, capita spesso di sentire gli automobilisti dichiarare che ‘hanno guardato ma non hanno visto’. “Se è buio e non c’è illuminazione pubblica, se la bicicletta non ha i fanali accesi, se il ciclista non indossa il giubbotto catarifrangente, può succedere che questi non risulti ben visibile. Ricerche australiane hanno studiato questo problema: il termine cospicuità indica la tendenza di un oggetto a distinguersi dallo sfondo (Langham e Morbely, 2003). In riferimento alla sicurezza stradale per evitare una collisione è importante che il ciclista sia inequivocabilmente visibile (ricordiamo i principi della Gestalt), che la figura si distingua nettamente dallo sfondo”.
L’utilizzo dei retroreflettenti ECE/ONU 104, obbligatori in Italia sugli autocarri superiori ai 35 quintali dal 2005 sui mezzi nuovi e dal 2007 su tutti, in base a un accordo internazionale (Ginevra 15/1/1998), si precisa che “è nelle biciclette complementare ai sistemi di sicurezza previsti dalla normativa: se il fanale si rompe accidentalmente, se si brucia la lampadina o si è dimenticato il giubbotto, il ciclista può contare comunque su un sistema autoesplicante” prosegue Manuela Bellelli.
Lo studio sperimentale è stato condotto in via Pola Esterna e in via del Cappellano a Carpi con partecipanti volontari ed è stata calcolata la detezione e il riconoscimento: sono stati trascritti i tempi di individuazione (detezione) e di (riconoscimento) del ciclista da parte del partecipante/conducente a bordo del veicolo. “Vorrei ringraziare Andrea Martina Jahnel per aver pedalato per alcune ore in entrambi gli esperimenti, Alberto Manzini per avermi aiutata ad allestire il setting e tutti coloro che hanno partecipato”. In base ai risultati, un automobilista individua e riconosce una bicicletta equipaggiata con i retroreflettenti molto più velocemente rispetto a una bici normale. A una distanza maggiore, può significare individuare prima “l’ostacolo” e frenare o intraprendere una manovra di emergenza per evitare una collisione. Non male.
Sara Gelli