“Il Diagnosi e cura non si tocca”

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  Dalle stanze dei bottoni non arrivano né smentite né rettifiche. I rumors di palazzo secondo cui la Casa della Salute verrà eretta sul terreno inizialmente destinato alla Residenza Psichiatrica, in via Nuova Ponente e quest’ultima andrà a occupare gli spazi oggi utilizzati dal Reparto del Dipartimento di Salute Mentale paiono quindi confermati. L’operazione consentirà all’Ausl di tagliare i costi e fare economia. L’ipotesi più accreditata sarebbe quella di allungare lo stabile – ma le cubature dell’ospedale Ramazzini non superano già il limite consentito? – per convertire i 9 posti letto del Servizio psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) in 15 di residenza. Operazione che consentirebbe un risparmio notevole anche dal punto di vista delle risorse umane impiegate. Al momento tutti hanno le bocche cucite: impossibile sapere se il Diagnosi e Cura cittadino verrà risparmiato o chiuso definitivamente; se tra i 15 posti letto paventati di Residenza Psichiatrica, 5 saranno mantenuti per i malati psichiatrici in fase acuta. Una cosa è certa se il Diagnosi e Cura dovesse chiudere, a saltare sarebbe un pezzo importante dell’assistenza. “Il Diagnosi e cura non si tocca e non si devono fare passi indietro sulla residenza”: è questa la posizione netta e incontrovertibile dei volontari dell’associazione carpigiana che tutela i diritti dei malati psichiatrici e delle loro famiglie, Al di là del Muro. “Siamo disposti a scendere a compromesso sulla location della residenza, sul numero di posti letto… ma il nostro SPDC deve essere mantenuto affinché nessun pezzo dell’assistenza salti. In caso contrario – annunciano il presidente Giorgio Cova, Mario Saggittario, Elisetta Bellelli Carla Borsari – faremo sentire le nostre voci e manifesteremo pubblicamente il nostro disappunto. Oggi, malgrado il disagio mentale sia un problema che riguarda un numero sempre crescente di persone, anziché investire nell’assistenza, si taglia. Ma come si possono abbandonare questi pazienti così fragili a loro stessi? Perché devono essere le famiglie a farsene carico in toto?”. Allarmati per i potenziali rischi derivanti dalla chiusura del Diagnosi e cura, i membri dell’associazione hanno spedito nei giorni scorsi una lettera ai dirigenti dell’Ausl e ai sindaci dell’Unione delle Terre d’Argine per esprimere la propria preoccupazione e chiedere a gran voce la salvaguardia del servizio. “L’SPDC, aperto nel 2008, è una realtà fondamentale per il nostro territorio poiché interviene in modo rapido e tempestivo quando la malattia si presenta nelle sue fasi più acute. I dati degli ultimi sei mesi lo confermano: 103 i ricoveri, di cui 51 trattamenti sanitari obbligatori. E’ un servizio che opera in rete con gli altri reparti, in particolare col Pronto Soccorso”, spiegano i volontari. Oggi tutte le consulenze in Pronto Soccorso vengono svolte dai quattro medici del Diagnosi e Cura durante le ore diurne e anche da un contingente di medici dell’area centro e sud nei prefestivi, festivi e durante la notte. Ergo, se il servizio saltasse, coloro che necessiteranno di una consulenza psichiatrica nelle ore notturne o nel weekend, finiranno “ricoverati direttamente a Modena o, addirittura, fuori provincia. E poi, una volta dimessi, questi pazienti dove andranno?”. Il Diagnosi e Cura di Carpi offre un “ambiente umano. E’ funzionale, efficiente e non ricorre alla contenzione da oltre un anno. Perché un servizio che esiste e funziona deve essere sacrificato per concentrare tutti i posti letto in un’unica struttura provinciale? Quale logica si può nascondere dietro una decisione tanto insensata? Il nostro obiettivo – proseguono i volontari – è avere delle risposte chiare e, soprattutto, capire se la politica e la sanità pubblica credono ancora che una Psichiatria di Comunità sia la risposta migliore per garantire una buona salute mentale”. Al di là del Muro chiede poi di aprire un confronto e un dialogo anche sul tema della residenza, considerata sino ad oggi “l’anello mancante per far funzionare la rete dei servizi psichiatrici sul territorio”. Con la realizzazione di una residenza, il vuoto esistente tra l’ospedalizzazione in fase acuta e l’assistenza domiciliare potrà finalmente trovare una risposta ma il servizio, promesso nel 2008, è ancora lungi dall’essere realtà: “ma come, per dare finalmente all’Area Nord una residenza psichiatrica, dobbiamo rinunciare al Diagnosi e Cura?

Aggiungiamo un tassello e ne smantelliamo un altro? Che senso ha? Francamente crediamo che, guardandosi attorno, si possano trovare altre soluzioni. Perché Villa Igea e Villa Rosa a Modena sono state accreditate e la struttura realizzata da Segesta di Carpi, società specializzata in realizzazioni e ristrutturazioni  di strutture socio- sanitarie e assistenziali,  ricavata all’interno dell’immobile ex camiceria Stella di via Tre Febbraio no? Per avere chiarezza e conoscere le reali intenzioni dell’Azienda sanitaria (la quale dovrà presentare un progetto di riqualificazione e allungamento della palazzina dell’SPDC all’Ufficio Tecnico del Comune di Carpi per ottenere il via a procedere) dovremo aspettare settembre: “speriamo che la nostra lettera sortisca qualche effetto. Di certo – concludono Giorgio Cova, Mario Saggittario, Elisetta Bellelli e Carla Borsari – noi non molleremo e terremo alta la guardia”.

Jessica Bianchi