“Londra non sarà più la stessa”. Ne è convinta la musicista e pianista Stefania Passamonte, londinese d’adozione da 14 anni, a pochi giorni dal voto del referendum che sancisce l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
Era il 2002 quando si trasferì nella capitale britannica per frequentare la prestigiosa Royal Academy of Music e da allora ha iniziato a costruirsi una carriera musicale in continua ascesa pubblicando album, conquistando piazzamenti di rilevo ai Grammy’s, sino a creare un’accademia di musica e una casa discografica.
“Questo referendum non si doveva fare. Cambierà il volto di Londra, da sempre all’avanguardia per liberalismo e pari opportunità. Una metropoli unica che mi ha accolta e coccolata al punto da farmi lasciare la mia amatissima famiglia e il mio Paese. L’Inghilterra è una nazione che ti invoglia a fare di più, offrendoti opportunità indipendentemente da cultura, sesso, nazionalità e orientamento sessuale. Quello che conta qui non è da dove vieni, o per chi voti, ma solo ed esclusivamente se hai delle idee che possano essere utili per la comunità.
Londra è assolutamente impareggiabile per libertà e accoglienza multiculturale. Questo voto non la rappresenta e ci porta indietro di 30 anni: un disastro inaspettato e imprevedibile”.
Quali saranno le conseguenze per voi italiani che lavorate in pianta stabile in Gran Bretagna?
“Burocraticamente significa che dovremo fare domanda per permessi di soggiorno o richiedere la cittadinanza britannica. Quest’ultima opzione è prevista per chi paga le tasse da più di 5 anni allo Stato inglese, ma si tratta di un procedimento lungo e costoso (attualmente un anno e almeno mille sterline).
Aldilà dell’onere economico, per prendere la cittadinanza occorre presentare domanda (con esame di cultura e giuramento di fedeltà alla Regina) per il passaporto britannico. Mia figlia, essendo nata qui, è sia cittadina italiana che inglese. Io, da laureata in legge e ammiratrice della democrazia e della Repubblica, nonchè fiera italiana che promuove in tutti i modi il made in Italy, non sono convinta di voler acquisire una seconda cittadinanza e giurare fedeltà a una monarchia (democratica, liberale e romantica che sia) per quanto ammiri molto gli inglesi e sia grata di quanto mi hanno dato sinora. Quindi, ancora non so cosa mi accadrà. Onestamente, spero nel miracolo di un secondo referendum”.
E in generale che aria si respira?
“Molti amici e colleghi europei (dottori, architetti, professori universitari, attori, giornalisti) sono rimasti così delusi che pensano di lasciare l’Inghilterra magari alla volta di Berlino. L’esito del referendum ha gettato Londra e le altre principali città inglesi nel panico, non solo per i professionisti europei che da anni ci vivono, ma anche e soprattutto per quegli inglesi che hanno sacrificato tanto per portare la Gran Bretagna in Europa. Tanti sperano si possa trovare una soluzione che permetta di evitare l’uscita dall’Europa. Tra queste una legge inglese secondo la quale un’azione internazionale di fondamentale importanza, come sarebbe appunto Brexit, richieda una maggioranza di voto del 75% (e non uno scarto di meno del 2%). O, ancora, la petizione per un secondo referendum che ha fatto rompere il website del Parlamento in meno di un’ora dalla pubblicazione del risultato del Brexit e ha già raccolto quasi 4 milioni di firme. Inoltre l’articolo 50 del Trattato di Lisbona dice che i paesi dell’Unione Europea non possono lasciarla andare così alla leggera. Poi, quella meno verosimile, che chiede l’indipendenza di Londra dal resto dell’Inghilterra. Sul nostro futuro c’è molta nebbia, la più fitta che si sia mai vista qui”.
Chiara Sorrentino