Il rispetto dell’altro si impara a scuola

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“La prevenzione è uno strumento potente e, dal momento che la violenza di genere è innanzitutto un problema di carattere culturale, siamo convinte che, lavorando con le giovani generazioni, molto si possa fare per tentare di arginare e contrastare tale fenomeno”. A parlare sono l’assessore alle Politiche Scolastiche del Comune di Carpi Stefania Gasparini e Patrizia Galantini, referente del Tavolo tecnico sulla violenza di genere. Da quasi dieci anni l’Unione delle Terre d’Argine vanta un vero e proprio fiore all’occhiello: “unitamente a tre psicologi (liberi professionisti che collaborano con l’azienda sanitaria di Modena) abbiamo approntato il progetto I facilitatori della comunicazione nella lotta alla violenza di genere. Dal 2007 entriamo nelle scuole superiori cittadine per promuovere parità e rispetto: gli psicologi formano alcuni studenti, i cosiddetti peer, (circa una quarantina ogni anno) trasformandoli in vere e proprie sentinelle”. Antenne in grado di intercettare disagi e fenomeni di violenza, capaci di ascoltare “in modo qualificato”.  I peer, italiani e stranieri, si “stanno rivelando fondamentali per scardinare pregiudizi e frasi fatte”. L’obiettivo del progetto è ambizioso: “creare maggiore consapevolezza su temi complessi come quelli dell’affettività, per favorire relazioni sane e all’insegna del rispetto reciproco”. Durante gli incontri con gli psicologi, i ragazzi si mettono in gioco, esprimendo liberamente le proprie opinioni. Sollecitati dagli esperti spiegano cosa rappresenta per loro la violenza, come gestirebbero situazioni conflittuali, come funzionano a loro parere le relazioni di intimità… “Ciò che emerge, alle volte, è tanto drammatico quanto straordinario. I ragazzi, dal canto loro, – continuano Stefania Gasparini e Patrizia Galantini – dicono di sentirsi legittimati a provarci se una coetanea è particolarmente procace o disinibita. Incarnano appieno stereotipi e pregiudizi ma ciò che ci incoraggia e ci spinge a continuare a investire in questo progetto è la consapevolezza che questi giovani possono imparare a guardare la realtà con occhi diversi. Loro possono fare la differenza”. La giusta rappresentazione del corpo e della femminilità, la costruzione di relazioni di coppia funzionali, la capacità di andare oltre il retaggio culturale, religioso o famigliare… sono obiettivi a cui tendere. “E chi, meglio degli adolescenti, è in grado di evolversi? Di raddrizzare il tiro?”. Al termine di ogni anno scolastico vi è poi un momento pubblico durante il quale i ragazzi mostrano a genitori e insegnanti il lavoro svolto. “Video interviste, cortometraggi… i ragazzi ci parlano attraverso i mezzi che più amano, mostrandoci i passi avanti compiuti. Spesso, molte delle loro convinzioni precostituite cadono, creando vuoti che li fanno riflettere, obbligandoli così a ripensarsi. A dar forma a un pensiero personale”. Fondamentale poi il tema della responsabilità e dell’accettazione della frustrazione: “i ragazzi, immersi in un sistema che tende a deresponsabilizzare il singolo, il più delle volte non comprendono che ogni azione comporta una conseguenza. Ignorano che fenomeni di violenza, sia questa psicologica, fisica o sessuale, costituiscono un reato perseguibile. Inoltre è necessario far loro capire che la parola no ha un carattere definitivo e non lascia spazio ad alcuna interpretazione”. I femminicidi non sono in aumento, non stiamo assistendo ad alcuna recrudescenza, il loro numero è stabile (si aggira intorno ai 120 – 130 ogni anno) ma “lavorare sui giovani, capaci di introiettare messaggi positivi, e sulla loro mente aperta e disposta al cambiamento è fondamentale per cercare di far calare ulteriormente questi numeri”, spiega Gasparini. Il progetto, rivolto alle scuole superiori di Carpi, anticipa di gran lunga le linee guida previste dalla riforma Buona Scuola – la quale prevede di introdurre momenti didattici dedicati al contrasto della violenza di genere – e continuerà a essere finanziato anche con risorse dell’Unione ma, “la nostra speranza – ammette l’assessore – è che il Ministero per dare gambe alla riforma, eroghi risorse per sostenere i progetti meritevoli come il nostro”. Per proteggere le donne – e i loro figli – dalla violenza di mariti o ex compagni, “ciascuno di noi deve fare la propria parte. Ognuno, con le proprie competenze, dev’essere formato e istruito affinché sappia come muoversi di fronte a una vittima di violenza. Sul nostro territorio la rete costruita intorno alle donne è fitta – dal centro anti-violenza ai servizi sociali, dal Pronto Soccorso alle Forze dell’Ordine – pronta ad attivarsi immediatamente qualora ve ne sia bisogno ma non dobbiamo mai abbassare la guardia”, conclude Patrizia Galantini.

Jessica Bianchi

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