Sono oltre 2.500 gli infermieri italiani migrati a Londra secondo le stime dell’Ipasvi, la Federazione Nazionale Collegi Infermieri. Tra questi c’è anche Camilla Sguario, 25 anni: nata e cresciuta a Carpi, dopo aver conseguito la Laurea in Infermieristica, un anno fa è stata assunta come infermiera, o nurse per dirla all’inglese, presso l’ospedale S.Mary nel quartiere londinese di Paddington. “Il Regno Unito – spiega Camilla – è un Paese in cui mancano infermieri, ma ci sono risorse per assumere e per questo tanti italiani come me hanno deciso di trasferirsi qui. Mi hanno offerto subito un contratto a tempo indeterminato, un’ottima retribuzione e un orario lavorativo flessibile e perfetto per le mie esigenze, oltre alla trasferta e al primo mese di soggiorno completamente spesati”.
Come è stato l’impatto culturale con la nuova realtà?
“Non è stato particolarmente scioccante. Avevo già lavorato all’estero in precedenza: prima in un ospedale spagnolo e in seguito a Miami. Sono abituata a viaggiare e a confrontarmi con altre culture”.
Il tuo titolo di studio italiano è stato immediatamente riconosciuto in UK o hai dovuto sostenere degli esami?
“L’iter è stato piuttosto semplice. Ho dovuto sostenere un test scritto e un colloquio orale per la verifica delle mie competenze linguistiche e inviare una serie di documenti per iscrivermi all’albo degli infermieri inglesi. Da gennaio 2016 però hanno introdotto anche il superamento dell’esame di inglese IELTS”.
Come sono i contratti di lavoro per infermieri nel Regno Unito?
“Sono ottimi, probabilmente migliori in linea generale rispetto a quelli italiani: tempo indeterminato immediato, 37,5 ore settimanali suddivise in tre giornate con turni da 12 ore e stipendi decisamente buoni, che possono essere incrementati con gli straordinari i quali vengono pagati davvero bene”.
Come si svolgono le tue giornate?
“La giornata lavorativa tipo è molto simile a quella di un infermiere in Italia con la sostanziale differenza che i pazienti presi in carico da ciascun infermiere non sono venti come nei nostri caotici nosocomi ma al massimo sei. In questo modo, la continuità e l’efficienza assistenziale risultano decisamente migliori, sia per i turni lavorativi che per il rispetto rigoroso delle regole assistenziali dettate dall’EBN (evidence based nursing)”.
Cosa ti piace di più della tua vita a Londra? Rimpiangi l’Italia?
“Amo il mio lavoro e la serietà con la quale la salute viene tutelata. Poi, semplicemente, adoro Londra. E’ una metropoli bellissima e ricca di stimoli. Non rimpiango nulla dell’Italia ma, ovviamente, sento la mancanza di familiari e amici. Tuttavia, lavorando solo tre giorni alla settimana ho spesso la possibilità di unire i miei giorni off e avere intere settimane libere senza nemmeno richiedere ferie. In sei mesi vissuti a Londra sono riuscita a rientrare a casa quattro volte, ad andare in vacanza in Irlanda e in Sicilia e tra poco partirò alla volta di Spagna e Messico, e in tutto ciò ho ancora altre due settimane di vacanza da utilizzare”.
Il tuo desiderio, in futuro, è rimanere lì o vorresti tornare in Italia?
“Considerata la situazione attuale, tornare in Italia significherebbe fare tanti sacrifici senza grandi risultati. Invece Londra è favolosa e per ora mi trovo benissimo. Al momento sono un infermiera band 5 che è la fascia base da cui iniziano tutti i neo laureati. La fascia massima a cui si può ambire è la 9 e la si conquista negli anni attraverso lo studio, l’esperienza, l’impegno e la costanza. Ecco, raggiungerla sarebbe una bellissima soddisfazione professionale”.
Chiara Sorrentino