Il capitolo residenza psichiatrica resta aperto

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Dopo anni di discussione, fumate nere e una lunga serie di incontri, ritrattazioni e promesse vane, il capitolo residenza psichiatrica a Carpi è lungi dall’essersi concluso. In seguito all’ennesimo scivolone, l’Azienda Usl di Modena ha rimescolato le carte e assicurato che tutto andrà bene durante un incontro avvenuto a Palazzo Scacchetti.  In quell’occasione sono infatti stati confermati i contenuti del Protocollo d’intesa firmato il 9 marzo scorso riguardante la realizzazione della Residenza Sanitaria Psichiatrica e il mantenimento dell’S.P.D.C. (Servizio Prevenzione Diagnosi e Cura). Il protocollo, lo ricordiamo, prevedeva la realizzazione da un minimo di 12 posti a un massimo di 15 e l’azienda sanitaria ne conferma dodici. Qualcosa però non torna. Impossibile infatti sapere come verranno ripartiti ovvero quanti saranno destinati al Servizio di Diagnosi e Cura e quanti alla Residenza a trattamento intensivo (Rti).  “Sarà la sperimentazione dell’integrazione tra i due servizi (ndr dovrebbe iniziare nei primi mesi del 2017 all’interno dell’Ospedale Ramazzini  nei locali ex Avis) a dare tali risposte”, ci aveva assicurato l’assessore alle Politiche Sociali Daniela Depietri.  Ma come si può ripensare un locale senza aver chiara nella mente la ripartizione degli spazi? A lavori terminati certo non si potranno più apportare modifiche sostanziali e pare dunque quantomai necessario che il progetto edilizio di ristrutturazione della palazzina che ospita oggi il Diagnosi e Cura (spesa prevista: 1 milione di euro) venga reso pubblico affinché si chiariscano con urgenza le numerose zone d’ombra. Rumors parlano di dieci posti letto certi e due da ricavare eventualmente in quella che oggi è una stanza adibita ai fumatori: ciò solleva vari interrogativi circa i rigidi criteri di accreditamento regionali, secondo cui ogni spazio dev’essere destinato a un uso specifico e vincolante. L’accreditamento impone poi la distinzione delle due strutture: là dove coesistono (ne sono un esempio Imola, Piacenza e Bologna) sono separate dal punto di vista edilizio, della dirigenza e del personale. Tale diktat rende la sperimentazione tra le mura del Ramazzini particolarmente opinabile: i 4 posti letto dedicati all’Spdc e i 4 a Rti saranno a tutti gli effetti un unicum. In soldoni: dal territorio nessun utente potrà essere ricoverato in trattamento di residenza psichiatrica. A occupare quei quattro posti letto saranno i Tso che dal regime di urgenza dell’Spdc passeranno alla residenza. La domanda nasce quindi spontanea: cosa cambia rispetto a oggi? L’attuale Diagnosi e Cura cittadino ha già 9 posti letto occupati da persone ricoverate in seguito a trattamenti sanitari obbligatori o volontariamente. Durante la sperimentazione i posti saranno otto: 4 per i Tso e 4 per i volontari.
A carte pressoché invariate, come può essere giustificata una spesa di ben 1 milione di euro? Nel frattempo i tempi d’inizio dei lavori sono slittati: dalla messa a norma dei locali Avis all’iter del progetto definitivo. Che la saga continui…
Jessica Bianchi