Telmo Pievani: La lotta per la vita

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La lezione del professore di filosofia delle Scienze biologiche Telmo Pievani, ruotata intorno a Charles Darwin (“una figura contraddittoria, sfaccettata e, spesso, fortemente strumentalizzata”), ha cercato di smontare i numerosi stereotipi che, nel corso del tempo, sono stati attribuiti al celebre biologo britannico. “Ne la prima edizione de L’origine delle specie non troverete mai l’espressione sopravvivenza del più forte o del più adatto (coniata da Herbert Spencer nel 1851 ben otto anni prima della nascita della teoria evoluzionistica darwiniana). Tali termini, infatti, gli furono suggeriti da alcuni colleghi e Darwin si rassegnò a utilizzarli nelle versioni successive nonostante non lo convincessero affatto”. Per Darwin, infatti, l’evoluzione era, semplicemente, “la sopravvivenza di chi se la cavava meglio”.
Ma è più darwiniano essere di destra o di sinistra? La domanda può sembrare bizzarra, ma non lo è per chi si interroga sulle basi evoluzionistiche del comportamento politico.  Per Paul H. Rubin, della Emory University di Atlanta, la selezione naturale si nutre di disparità individuali e di maschi competitivi, e quindi gli esseri umani hanno una naturale tendenza all’autonomia. Ne discende che le ideologie egualitarie sono destinate al fallimento. Le relazioni fra individui si misurano sulla base dei costi e dei benefici, essendo influenzate dalle preferenze fissate dalla selezione naturale nel Paleolitico per massimizzare il successo riproduttivo dei portatori. “Per Rubin essere di destra è darwinianamente più corretto e, di conseguenza, sostiene che il modello neoliberista americano sia il migliore di tutti e, in quanto tale, merita di essere esportato e promosso ovunque. Ma Darwin cosa ne penserebbe? Il peggio possibile”, sorride il professor Pievani. Dunque siamo più adatti al liberismo o al socialismo? “La parola chiave, secondo il relatore, è “economia della natura”. Alfred Tennyson affermava che la Natura gronda sangue dai denti e dagli artigli, “immagine gladiatoria della natura che anima anche il pensiero di Darwin (La competizione è ovunque)”, ma limitarla a questo sarebbe un errore. “In natura non vi sono solo lotta, violenza ed estinzione, vi è al contrario un’idea di dipendenza e interdipendenza. La lotta per la vita si sostanzia anche attraverso il legame strettissimo che unisce organismi e natura. La lotta dunque è una metafora che non implica una guerra bensì la reciproca dipendenza degli esseri viventi in un regime di competizione”. A ben esemplificare tale concetto ci ha pensato Ernst Haeckel: La lotta per l’esistenza è l’ecologia. Anche il termine selezione naturale non piaceva a Darwin, “poiché presuppone un selettore, un’intenzione, mentre in realtà altro non è che un  meccanismo statistico”. Per Darwin, la natura “è amorale. Non ha un’anima, né una coscienza. Al contrario è un pasticcio: dentro alla natura c’è di tutto, non è un modello, siamo noi a decidere cosa è bene e cosa è male”, spiega Pievani. “La vita tende a occupare tutti gli spazi che trova ma non vi sono le risorse per tutti e questo genera la lotta per la sopravvivenza”. Ma in tale visione dove si collocano i numerosi esempi di altruismo e cooperazione che osserviamo in natura (e nella società)?  Darwin, pensatore pluralista, era convinto che per spiegare la complessità del vivente non bastasse un’unica teoria: ma allora l’Homo sapiens è una scimmia assassina o empatica?
“L’evoluzione è figlia del conflitto tra gruppi di individui. All’interno di un gruppo che ti protegge e ti aiuta, ci si sente forti. Cooperare diventa utile. Un valore positivo. Tali qualità naturali si sono poi evolute attraverso la cultura, l’istruzione, la religione, l’abitudine, il dibattito, l’educazione… Vi sono quindi un’evoluzione biologica e una culturale che interagiscono. Il modello darwiniano è pluralista. L’uomo è capace di grande altruismo e di inenarrabili sopraffazioni: cooperativo con chi riconosce come Noi e in conflitto verso chi considera Altro da sé”. Insomma nei nostri crani non risiede affatto “un cervello dell’età della pietra”. E, soprattutto, l’evoluzione non è un’ottimizzazione ingegneristica, bensì un’esplorazione di possibilità dentro un albero ramificato di forme. Sta dunque a noi scegliere chi essere, cosa diventare e con chi stringere relazioni di alleanza. Non vi è alcun determinismo biologico che ci “obbliga”. A “determinarci” sono anche cultura, senso critico e libero arbitrio.
Jessica Bianchi