La dislessia nello sguardo di una mamma

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La dislessia è un disturbo dell’apprendimento che riguarda la difficoltà di lettura, scrittura e calcolo. Non è causata da un deficit di intelligenza, né da problemi ambientali o psicologici, che, invece, ne sono una conseguenza. In Italia si stima che i dislessici siano 1.500.000, ma le famiglie sono spesso sole nell’affrontare il problema, e gli enti scolastici non sempre sono in grado di supportare le esigenze di questi studenti particolari, che, se ben guidati, possono venire a capo delle loro difficoltà. Paola Allocca, titolare della cartoleria Il Fiocco in via Aldrovandi 6, è mamma di Daniele, un ragazzo dislessico di 17 anni, che dopo un periodo travagliato sta per realizzare il suo sogno: diventare chef. La sua storia sarà presto raccontata in un libro.
Quando si è accorta che suo figlio aveva un disturbo dell’apprendimento?
“I problemi con Daniele sono iniziati prestissimo. A 3 anni e mezzo con l’inizio della scuola materna notai delle diversità rispetto agli altri bambini. Era intelligente e sveglio, ma non riusciva a fare un semplice disegno e ad abbinare le parole agli oggetti, e si agitava al pensiero di andare a scuola. Mi preoccupai e ne parlai con la maestra che mi rispose che era ancora immaturo e non c’era niente di anomalo. Per i tre anni della materna andammo avanti fra pianti e disperazione, poi finalmente cominciò la prima elementare”.
Alla Primaria come andò?
“Per il primo mese andare tutto bene, ma poi la maestra di italiano si ammalò e arrivò la supplente, e qui ricominciarono i problemi. Daniele riprese a fare i capricci prima di andare a scuola, piangeva tutte le mattine e veniva a casa sempre più triste. Presi appuntamento con le insegnanti per cercare di capire cosa stava succedendo. Mentre la maestra di matematica mi espresse le sue perplessità riguardo al fatto che non sapesse fare le cose più semplici, suggerendo che era meglio indagare, la supplente si ostinava a sostenere che il bambino fosse solo svogliato e che avesse dei problemi a relazionarsi perché, quando lo riprendeva in classe, lui si nascondeva sotto il banco per piangere. Scoprire che il mio bimbo veniva mortificato solo perché non riusciva a  scrivere le lettere in corsivo ed era disordinato in stampatello mi ha causato un enorme dolore, ma mi ha spinta ad approfondire la questione, decidendo di rivolgermi a un neuropsichiatra infantile. La psichiatra dopo aver parlato da sola con lui ci spiegò che si trattava di dislessia e ci illustrò il percorso che avremmo dovuto intraprendere”.
Da allora come è cambiata la sua vita e quella di suo figlio?
“Se da un lato ero sollevata nell’avere finalmente individuato la causa del disagio di mio figlio, dall’altro lato cominciai a preoccuparmi, e domandai cosa potevo fare per aiutarlo.  La psichiatra mi rispose che avremmo dovuto affrontare la scuola in modo diverso, consigliandomi di iscriverlo a Up-prendo, il centro educativo di Carpi rivolto a bambini e adolescenti con disturbi di apprendimento.
Dany è stato uno dei loro primi bimbi ed è rimasto lì fino a quest’anno. Oltre a iscriverlo in questo centro, la logopedista mi diede alcune indicazioni per cominciare ad aiutarlo a scuola e con i compiti a casa.  Purtroppo mi sono dovuta scontrare con le maestre impreparate davanti alle necessità di mio figlio e di altri bambini con il suo stesso problema. Ho cercato di far capire loro che c’era bisogno di introdurre in classe il computer (l’avrei fornito a mie spese), che Daniele avrebbe dovuto lavorare per mappe concettuali e mezzi compensativi come la calcolatrice, ma non volevano venirci incontro.  Continuavano a sostenere che il bambino fosse semplicemente indolente, finché ebbi la certificazione DSA dalla psichiatra e venne assegnata a Daniele una maestra di sostegno.
Finalmente le cose migliorarono, smise di stare male quando faceva i compiti, cominciò a diventare autonomo nell’uso del computer e dei suoi programmi per leggere e scrivere. Era contento. Fu promosso all’esame di quinta e all’inizio delle medie andai subito a parlare con i docenti per spiegare loro la situazione trovandomi di fronte insegnanti comprensivi, ma anche altri meno concilianti. Nonostante tutto, fu promosso anche alle medie. Poi ci fu la scelta delle superiori: la scuola alberghiera. Dopo aver superato non senza difficoltà il primo anno, poco dopo l’inizio del secondo, a ottobre 2014 i professori paventarono la possibilità di una bocciatura. Stava male per le insufficienze e l’incubo di essere respinto, ma non voleva rinunciare al suo sogno di diventare chef. Da lì la decisione di cambiare scuola, e di iscriversi a un altro istituto professionale sempre nel settore della ristorazione, il Nazareno, dove si privilegia la pratica rispetto alla teoria, e dove si sta trovando bene”.
Come vanno le cose oggi?
“Daniele è un ragazzo sereno. Oltre allo studio, mi aiuta in negozio, fa volontariato e suona la batteria: una passione per cui ha una naturale predisposizione. E’ un bravo ragazzo.
Chi è dislessico matura prima degli altri perché deve imparare ad adattarsi a un mondo che non è a sua misura, ma spero che questo sia per lui l’anno della svolta, quello in cui porre le basi per il suo futuro che seppur in salita sarà ricco di opportunità come quello di tutti i ragazzi della sua età”.
Chiara Sorrentino

 

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