Prima il latte, poi il formaggio e ora il lambrusco. I nostri principali avversari e competitor ce li troviamo direttamente in casa, in Europa.
L’ultima minaccia a una delle nostre eccellenze enogastronomiche, il lambrusco, il vino rosso frizzante prodotto in larga parte nelle province di Modena e Reggio, proviene da Spagna e Portogallo. I due Paesi hanno proposto in sede comunitaria la liberalizzazione dei vini che prendono il nome dal vitigno. In soldoni chiedono la possibilità di piantare uve di lambrusco anche nei loro Paesi, nel tentativo, evidente, di sottrarci quote di mercato.
Di fronte a questo insidioso attacco sono subito insorte le associazioni dei produttori e dei viticoltori modenesi riunitesi a Scandiano per far sentire la propria voce di protesta e chiedere che l’Italia resista a Bruxelles a questo tentativo di danneggiare economicamente l’industria del lambrusco Doc nelle sue varie tipologie. Un vino, quello modenese e reggiano che, grazie all’impegno, alla serietà e al sapere dei nostri produttori, si è fatto conoscere e apprezzare in tutto il mondo, tanto da essere venduto in 150 milioni di bottiglie l’anno, il 65 per cento destinato all’estero. E il lambrusco è infatti il secondo vino frizzante italiano più esportato dopo il Prosecco. Di questo si è parlato nel corso del convegno di Scandiano dei giorni scorsi alla presenza del ministro dell’Agricoltura Martina, il quale ha preso il solenne impegno di difendere in sede comunitaria il nostro prodotto di eccellenza dalla minaccia rappresentata da Spagna e Portogallo, nostri diretti concorrenti in fatto di produzioni agricole e alimentari. I produttori presenti all’incontro hanno ricordato al ministro che il Lambrusco è una delle bandiere del territorio e trasformarlo in un generico vino da produrre ovunque, significherebbe distruggere l’immagine stessa di un vino ‘costruito’ nel corso di secoli di sapiente lavoro ed esperienza lavorativa. Inoltre, pensare di piantare il vitigno del lambrusco ovunque, come si fa per uve cosiddette internazionali, come merlot, cabernet, chardonnay, è un’illusione, oltre che un danno evidente di immagine al nostro territorio e un colpo tremendo al reddito dei nostri produttori.
Il ministro Martina ha risposto affermando che siamo di fronte al tentativo di modificare una norma comunitaria che sinora ci ha dato la possibilità di valorizzare il nostro prodotto di eccellenza con le sue specificità uniche derivanti dalle caratteristiche del territorio in cui viene prodotto e a questo tentativo il Governo italiano cercherà di resistere.
Il convegno si è poi concluso con lo speranzoso arrivederci dei coltivatori preoccupati per gli sviluppi delle trattative in sede comunitaria.
Cesare Pradella