I bambini non devono morire per una circoncisione fatta in casa

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Era in condizioni disperate quando è arrivato all’ospedale Sant’Orsola di Bologna dopo aver subito un intervento domestico di circoncisione, che sarebbe stato fatto dagli stessi genitori di origine ghanese: il bimbo di cinque mesi di Scandiano, nel reggiano, è morto nella notte tra venerdì 22 e sabato 23 marzo. Sul caso la Procura reggiana ha aperto un fascicolo per omicidio colposo.
Per motivi culturali, religiosi o igienici tra i 4.000 e i 5.000 bambini stranieri ogni anno in Italia vengono circoncisi. Circa il 35% subisce la pratica clandestinamente e, spesso, non realizzata da medici, con il rischio di infezioni ed emorragie che possono diventare letali.
Prima del bimbo di cinque mesi morto a Scandiano, l’ultimo decesso dovuto a questo ‘rito’ è avvenuto a Monterotondo alle porte di Roma, lo scorso dicembre. La vittima era un bimbo di due anni figlio di nigeriani, circonciso insieme al fratello gemello che è riuscito a sopravvivere in Rianimazione.
Yassine Lafram, presidente dell’Ucoii, Unione Comunità Islamiche Italiane, chiede alla Regione Emilia Romagna di affrontare il tema delle circoncisioni fuori controllo.
In alcune regioni come il Lazio e il Veneto le famiglie di migranti possono accedere al Servizio sanitario con una spesa che varia dai 250 ai 400 euro. In Toscana invece c’è un regime di convenzione. Costi ancora troppo alti per chi vive in situazioni di indigenza. Ma c’è anche un altro aspetto che favorisce la clandestinità: alcune strutture pubbliche sottopongono alla circoncisione soltanto i bambini che hanno compiuto i 4 anni, per altre, devono avere almeno 12 anni soprattutto per questioni legate all’anestesia.
“Non possiamo – afferma Yassine Lafram – che provare tanta tristezza per l’ennesimo decesso a causa di una circoncisione fatta in casa: questa pratica per i musulmani è una prescrizione religiosa che deve essere praticata in un regime ospedaliero per garantire una certa sicurezza per la salute del bambino.
Stiamo cercando di sensibilizzare maggiormente la comunità islamica informando la gente che si può fare la circoncisione nelle strutture ospedaliere che lo consentono, a seconda della città o della regione in cui si abita, e che ci sono ambulatori privati qualificati accreditati in cui si può fare l’intervento. Non vale la pena farlo in casa per risparmiare qualche soldo se in gioco c’è la vita del proprio figlio. Queste disgrazie ci devono responsabilizzare maggiormente: l’appello che lancio alla Regione Emilia Romagna è proprio quello di affrontare questo tema. Noi siamo disponibili anche a pagare un ticket per garantire maggiore sicurezza alle famiglie e ai loro figli”.
S.G.

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