Peste suina, cresce la preoccupazione tra allevatori e produttori

Mammi: “Serve una strategia nazionale per eradicare il virus e creare cordoni di sicurezza sanitaria intorno agli allevamenti per salvaguardare le produzioni dei nostri salumi di alta qualità”.

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La peste suina si sta estendendo e serve urgentemente una strategia nazionale condivisa, concreta e adeguatamente finanziata che contempli il prelievo dei cinghiali, la posa delle reti per isolare i capi nelle zone di Parma e Piacenza vicine alla zona rossa, il potenziamento della biosicurezza negli allevamenti, la tutela dell’export per i salumi Dop e Igp.

L’assessore regionale all’Agricoltura Alessio Mammi ha scritto più volte ai Governi insediati dal primo ritrovamento, nel gennaio 2022, mettendo l’attenzione su tutti questi aspetti. La Psa si sconfigge solo con una strategia nazionale, non conosce confini amministrativi come dimostra la sua rapida espansione; la Regione nel frattempo è corsa ai ripari, mettendo a disposizione 3,5 milioni di euro per la prevenzione dei danni da fauna selvatica, 8 milioni di euro per il rafforzamento della biosicurezza nelle aziende suinicole attraverso fondi regionali e Programma di Sviluppo Rurale. Inoltre ha affidato 2 milioni di euro nei mesi scorsi al Commissario per la prevenzione della peste suina e la posa di reti di protezione nelle zone di confine tra Piacenza e Parma, per proteggere gli allevamenti: risorse che la struttura commissariale non ha ancora speso.

“Siamo molto preoccupati- ha commentato l’assessore Mammi-. Ci vuole una strategia nazionale concreta, seria e adeguatamente finanziata, che contempli la riduzione della popolazione di cinghiali, la protezione degli allevamenti con interventi per la biosicurezza e la salvaguardia delle esportazioni. Purtroppo non la vedo. Questo ritardo crea le condizioni per scenari molto pesanti sul piano sociale ed economico. Vanno fissati obiettivi seri e concreti per la riduzione dei cinghiali: serve un forte coordinamento pubblico, compresi il coinvolgimento delle prefetture, delle polizie provinciali , della forza pubblica e personale di supporto, anche venatorio, coinvolgendo gli Ambiti territoriali di caccia. Tutti adeguatamente formati e attrezzati per evitare un’ulteriore propagazione della Psa. Serve inoltre attivare la difesa degli allevamenti attraverso interventi strutturali e formativi sulla biosicurezza in entrata e in uscita dagli allevamenti. A oggi questo intervento, decisivo, è completamente assente. Poi c’è l’export, soprattutto verso il mercato nordamericano (Canada e Usa), occorre salvaguardarlo in ogni modo”.

“La Regione ha affidato lo scorso mese di gennaio fondi propri per la posa delle reti – ha aggiunto Mammi -: 2 milioni di euro che sono ancora in fondo a un cassetto e che nessuno si è preoccupato di spendere per la difesa degli allevamenti e delle imprese dai cinghiali. Abbiamo bisogno che si proceda con più concretezza e decisione: a Roma devono rendersi conto che è a rischio l’intera filiera zootecnica dei suini e la produzione di tutti i nostri salumi, eccellenze Dop e Igp che arrivano sulle tavole di tutto il mondo, che valgono milioni di euro e migliaia di posti di lavoro”.

I numeri della filiera e l’ultimo bando

La filiera suinicola in Emilia-Romagna conta circa 1.200 allevamenti, 1,2 milioni di capi e una produzione lorda vendibile stimata in 307 milioni di euro. I prodotti a base di carne Dop e Igp hanno un valore alla produzione pari a 1,93 miliardi di euro e un valore al consumo pari a 4,98 miliardi di euro. L’export vale 601 milioni di euro. Il 53% del fatturato nazionale relativo ai prodotti a base carne Dop e Igp derivante dalla filiera è attribuibile all’Emilia-Romagna.

Ora, a causa della chiusura di alcuni mercati si calcolano perdite per 20 milioni al mese su economia nazionale per le mancate esportazioni.

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