La sanità pubblica è sull’orlo del precipizio: mancano medici – e pure tanti – ma non è solo la loro carenza che crea problemi per la tenuta delle strutture ospedaliere. Il sottorganico riguarda tutte le figure professionali che, insieme, concorrono a garantire il diritto alla salute. Ma se di medici e infermieri si parla con insistenza vi è un’altra categoria che opera del tutto sottotraccia: stiamo parlando degli Oss, gli operatori socio sanitari. Un silenzio assordante, e non più tollerabile, quello che li circonda.
All’Ospedale Ramazzini di Carpi sono in pochi ma uno dei reparti in maggiore sofferenza è senza dubbio quello della Medicina d’Urgenza. Ma andiamo con ordine. Per tentare di alleggerire il carico di lavoro dei professionisti prostrati da una situazione a dir poco cronicizzata, il Pronto Soccorso, da alcune settimane, è stato spacchettato rispetto all’adiacente Medicina d’urgenza, entrambi afferenti al Dipartimento di Emergenza – Urgenza. Decisione che, pur portando con sé indiscussi vantaggi, ha di fatto congelato la permeabilità tra i due reparti.
Dall’irruzione della pandemia, la Medicina d’Urgenza coi suoi 16 posti letti monitorati è sempre stata in prima linea nel trattamento dei pazienti Covid maggiormente compromessi e lì, ancora oggi, vengono ricoverati tutti i pazienti positivi dai vari reparti dell’ospedale – e dunque di ogni specialistica – per preservarlo dallo scoppio di eventuali focolai. I ricoverati sono perlopiù anziani, persone che, spesso, oltre alla patologia in corso, presentano quadri clinici severi, tra cui varie forme di demenza. Pazienti complessi dunque, pluripatologici, che richiedono un’assistenza continua e totale.
Tra i compiti dell’Oss vi è quello di occuparsi delle cure di base del paziente come la rilevazione dei parametri vitali, il supporto emotivo e psicologico, monitorare la corretta assunzione dei farmaci, eseguire alcune medicazioni, assistere i degenti parzialmente o totalmente non autosufficienti nelle operazioni igienico-sanitarie così come nell’assunzione del cibo e nella mobilità. E, ancora, trasportare materiale biologico, eseguire attività di sanificazione e sterilizzazione anche ambientale e in alcuni casi eseguire pratiche burocratiche o attività di supporto diagnostico e terapeutico. E’ la figura insomma che trascorre il maggior tempo coi pazienti e pertanto è fondamentale nel processo di cura e assistenza.
Operatori a cui spesso, come ha sottolineato anche il sindaco Alberto Bellelli durante una seduta del Consiglio Comunale viene richiesto impropriamente di “adempiere a compiti che non gli spettano. Perché chiedere loro di accompagnare pazienti a fare visite e raggi? Un tempo c’erano i barellieri per questo, perché non introdurli nuovamente?”. Appello che, evidentemente, l’Ausl ha lasciato cadere nel vuoto.
La Medicina d’urgenza può contare su 11 Oss e al momento vengono così impiegati: 4 nel turno del mattino, 3 al pomeriggio e 1 di notte anche se non sempre tali coperture sono assicurate a cause di infortuni, malattie, ferie o imprevisti dell’ultima ora. Una situazione, quella notturna, a dir poco scandalosa, resa ancor più complessa dalle operazioni di vestizione e svestizione legate alle procedure anti Covid, neanche fossero muli da soma…
Dopo la divisione dal Ps, la Medicina d’urgenza fa capo a sé ma qualcosa ancora non funziona nel verso giusto e tra gli Oss crescono amarezza e malumore. Per far fronte alla mancanza di operatori socio sanitari è stato introdotto un nuovo sistema: verrà eliminato il cosiddetto turno a tamburo (mattina/pomeriggio/notte/smonto/risposo) e questi professionisti dovranno fare solo mattina e pomeriggio e tre notti al mese. Una scelta che comporta una presenza ancor più massiccia, per più giorni consecutivi, su un luogo di lavoro usurante e un calo sostanzioso della retribuzione. Al danno, la beffa.
Un boccone amaro da mandare giù soprattutto a fronte dei sacrifici che compiono da anni e in un reparto ad altissimo rischio infettivologico. Pochi e stanchi, questa volta non ci stanno. Sono davvero state sondate tutte le opzioni possibili? Nel cambio di passo, gli Oss sono stati coinvolti? La loro voce è stata ascoltata? Il tiro può essere ancora raddrizzato per far sì che il nuovo sistema sia davvero migliorativo e non penalizzi nessuno ma perché ciò accada è necessario correre ai ripari immediatamente affinché lo strappo – l’ennesimo – non diventi irreparabile. Una cosa è certa, questi professionisti meritano la stessa attenzione riservata a infermieri e medici. All’interno di un sistema complesso, come quello sanitario, ogni componente è fondamentale per il suo funzionamento. Gli Oss, di continuare a pagare per mancanze che vengono dall’alto (vedi soprattutto alla voce mancate assunzioni), non ne vogliono più sapere. E ne hanno ben donde.
Jessica Bianchi