Spedizione punitiva in Pronto Soccorso: la politica faccia il suo dovere

Il fenomeno delle aggressioni è legato a doppio filo a quello del sottorganico. Non vi può essere efficienza senza un adeguato numero di personale. Il diritto alla salute - quella di tutti, operatori e cittadini - deve essere garantito. Inutile promettere nuovi ospedali se a mancare sono i professionisti. Forse sarebbe meglio ripensare l’intero sistema - ospedaliero e territoriale - ridefinendo le priorità. Il mantenimento dei piccoli ospedali periferici non è più sostenibile. Chiudere delle strutture ospedaliere, potenziando al contempo la medicina territoriale, per reindirizzare risorse su altri nosocomi è una scelta ormai indifferibile. La politica abbia il coraggio di dirlo: la coperta è corta. Parole impopolari? Forse, ma la sanità pubblica sta andando alla deriva.

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Basta alle violenze contro gli operatori sanitari, è stato questo lo slogan del presidio organizzato dalla Fp Cgil lo scorso 1° giugno, nel piazzale antistante il Pronto Soccorso dell’Ospedale Ramazzini di Carpi. Numerosi gli operatori che hanno aderito per dire no all’escalation di aggressività che si sta registrando nel Ps cittadino e chiedere maggiori tutele all’Azienda Usl

Non sono mancate le attestazioni di stima al personale del Pronto Soccorso di Carpi dopo la spedizione punitiva di due notti fa. Ma insieme alle parole di vicinanza e solidarietà agli operatori e di ferma condanna per l’ennesimo e inaccettabile caso di aggressione perpetrato ai danni di sanitari lunedì 17 ottobre, sono fioccati anche gli appelli alla politica. Una politica che non può restarsene ferma a guardare ma che, al contrario, deve agire – e in fretta – per sanare situazioni a rischio collasso. 

Duro l’intervento del presidente dell’Ordine dei Medici, Chirurghi e Odontoiatri di Modena, Carlo Curatola che sottolinea a più riprese la necessità di adeguare le risorse umane nella sanità, in particolare nei Pronto soccorso degli ospedali, dove si assiste a un fuggi e fuggi che ha assunto ormai dimensioni drammatiche.

“I nostri colleghi – spiega – non sono soltanto stressati e sottopagati, ma anche spaventati e sfiduciati. Per questo ci rivolgiamo alle istituzioni e alla politica: fate qualcosa e fatelo subito, perché questa situazione sta mettendo a rischio il diritto alla salute dei cittadini”.

Anche la presidente dellOrdine delle Professioni Infermieristiche di Modena (OPI), Carmela Giudice, chiede a gran voce che venga “adeguato il numero delle risorse umane a oggi in grave sofferenza” e ribadisce la necessità di implementare “le misure di prevenzione e contenimento degli atti di violenza e che i colpevoli vengano perseguiti e puniti con pene esemplari.

Nessun operatore deve essere lasciato solo; l’infermiere è un professionista alleato del cittadino, non è un bersaglio su cui riversare rabbia, frustrazione e possibili inefficienze del sistema”. Al coro sdegnato di voci si unisce anche Massimiliano Contesini, presidente dell’Ordine dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche della Prevenzione e della Riabilitazione di Modena e Reggio Emilia: “le violenze verbali sono un fenomeno in aumento e gravano pesantemente sui sanitari impegnati ogni giorno per fornire cure di qualità e assistenza ai cittadini. Le crescenti difficoltà che le aziende sanitarie pubbliche, incontrano nel reperire personale devono essere esaminate con attenzione dalle istituzioni e dai decisori politici, infatti tale dato pare strettamente correlato alle condizioni di lavoro sempre più complesse, e a una scarsa valorizzazione anche economica di chi opera nei contesti di cura. Se si considerano anche i crescenti episodi di violenza agli operatori già provati da due anni di pandemia, il rischio di  fuga di professionisti dal Servizio Sanitario Nazionale è concreto”.

Al Pronto Soccorso di Carpi la situazione è gravissima, mancano medici, infermieri, Oss. Chi resta e tiene duro è sottoposto a enormi carichi di lavoro. Poco personale, peraltro a rischio burnout, si traduce in attese più lunghe per gli utenti tra i quali spesso serpeggia una notevole dose di nervosismo che deve essere a sua volta gestita da operatori già fortemente provati. 

A vigilare sul Ramazzini vi è una sola guardia giurata per turno, del tutto insufficiente per garantire un minimo di ordine. Una sorta di contentino che lascia l’amaro in bocca soprattutto pensando a Policlinico e Baggiovara dove sono stati istituiti dei posti fissi di Polizia.

Il fenomeno delle aggressioni verbali (e fisiche) è legato a doppio filo a quello del sottorganico. Non vi può essere efficienza senza un adeguato numero di personale.

Lo denunciamo da tempo ma ora il sistema rischia di andare a gambe all’aria. Condannare duramente episodi eclatanti come quello dell’assedio del Ps del 17 ottobre è necessario ma non sufficiente. La politica deve dettare le regole. Il diritto alla salute – quella di tutti, operatori e cittadini – deve essere garantito. Inutile promettere nuovi ospedali se a mancare sono gli stessi professionisti. Forse sarebbe meglio ripensare l’intero sistema – ospedaliero e territoriale – ridefinendo le priorità. Il mantenimento dei piccoli ospedali periferici non è più sostenibile. E’ finito il tempo dell’ospedale, con tutte le specialistiche, sotto casa. Chiudere delle strutture ospedaliere, potenziando al contempo la medicina territoriale, con la creazione di presidi come le Case della salute ad esempio, per reindirizzare risorse su altri nosocomi è una scelta ormai indifferibile. La politica abbia il coraggio di dirlo: la coperta è corta. Parole impopolari? Forse, ma la sanità pubblica sta andando alla deriva e nessuno crede più alle favole.

Jessica Bianchi